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Z – L’orgia del potere

Nel panorama europeo occidentale, indubbiamente uno dei paesi che nel Novecento che ha vissuto, e vive tuttora, un’impressionante sequela di crisi, sociali, politiche ed economiche, è la Grecia. Sull’orlo dell’abisso a causa della crisi economica globale odierna, questa nazione ha vissuto periodi incommensurabilmente bui durante il secolo scorso. Di certo l’esempio più lampante è quello relativo alla famigerata Dittatura dei colonnelli, regime di stampo fascista instaurato nel 1967 e definitivamente accantonato solo otto anni dopo, nel 1975, quando l’8 dicembre fu proclamata la Repubblica. Di questo periodo nefasto e deleterio si occupa il film Zeta – L’orgia del potere (Z, 1968) del regista francese di origine greca Costantin Gavras, più noto ai più come Costa-Gavras. Il film è un’ampia panoramica esemplificativa dei prodromi degli avvenimenti che caratterizzarono la fine degli anni ’60 nella penisola ellenica. Giocando su toni a metà fra thriller, film d’inchiesta e pellicola storica, il nostro cineasta imprime indelebilmente in celluloide l’atmosfera pesante, bieca ed ottusa che soffocava come un giogo le menti libere dell’epoca. L’opera è un manifesto di come, alla vigilia dell’instaurazione di una forma di governo dispotica, si svolgano le manovre repressive e oscurantiste dei governi e delle forze “dell’ordine”, e di come al centro di tali stratagemmi regni assolutamente sovrano un sistema lercio fatto di clientelismo, ignoranza e fondamentalismo nazionalista e religioso. I protagonisti del film, vale a dire da un lato coloro che lottano per la libertà e per la verità, e dall’altro coloro che miseramente sono manovrati da forze immani ed opprimenti, interpretano allo stesso modo il ruolo di vittime e carnefici, all’interno dello stesso iniquo meccanismo. La pellicola si muove, con un ottimo esito, fra rivelazioni, inganni e sperequazioni di qualsivoglia tipo, fin quando l’apparente formula “giustizia è compiuta” si dissolve in modo biasimevole in un finale cinico e spietato, che ci mostra impietosamente la faccia dello stato repressivo e prevaricatore che si è appena instaurato. Elencare le libertà di cui ci si è disgraziatamente privati, a vicenda conclusa, non è mai stato così facile. Al di là delle considerazioni di stampo meramente cinematografico, l’opera è sicuramente una diagnosi piuttosto emblematica ed inquietante di quanto sia facile passare dalla “democrazia” al totalitarismo. La violenza, la stupidità, la morte della dignità: sono questi gli ingredienti che conducono interi popoli ed intere nazioni “dalla padella alla brace”. Ed è soprattutto il “caos creato”, la destabilizzazione e la crisi a tutti i costi quella che maggiormente riduce ai minimi termini lo stato di diritto. E nell’anno “di grazia” 2011, certe formule e certi scenari, con paesi in mano a governi “del nulla”, decisamente sul lastrico dal punto di vista sociale ed economico (vedi Grecia, ma anche Spagna, Irlanda, Portogallo e “dulcis in fundo” la nostra Italia), ci sembrano così inquietantemente e rischiosamente prossimi ed imminenti. Costa-Gavras, 43 anni fa ci mostrava il declino e la rovinosa caduta di uno stato “civile”. Abbiamo imparato qualcosa, oggi, o siamo pronti ad andare a braccia aperte incontro allo sfacelo? Ai posteri l’ardua sentenza. Che il rischio di capitolazioni deplorevoli sia addirittura continentale di certo rischia di rendere la suddetta ancor più gravosa e vituperevole.

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