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Intervista ad Antonio Mazzeo

Di Gianni Scifo

 

Antonio Mazzeo è un noto giornalista. Si è battuto a lungo contro le infiltrazioni mafiose nella costruzione del ponte di Messina e ha scritto un libro molto noto sull’argomento. Nei giorni scorsi ha avuto uno scontro con Sgarbi, il quale gli ha dato del mafioso. Noi abbiamo espresso la nostra solidarietà nei suoi confronti e abbiamo chiesto d’intervistarlo per capirne di più.

 

  1. Lei è stato protagonista di uno spiacevole scambio di battute con Sgarbi. Qual è stata l’origine di tutto?

A scatenare la violenta reazione verbale di Vittorio Sgarbi è stata la mia vibrata protesta (“Vergogna! Lei non ha nessun diritto di fare queste dichiarazioni di fronte a centinaia di giovani studenti!”) per il lungo sproloquio su mafia e antimafia durante la master class alla 57^ edizione del Taormina Film Festival, argomento “la cultura in una società senza valori”, a cui il noto critico partecipava accanto al potente banchiere Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma Mediterraneo main sponsor della kermesse cinematografica. Uno show, dunque, del tutto fuori tema e profondamente e pericolosamente mistificatorio sul reale potere oggi esistente, semipervasivo, delle organizzazioni criminali mafiose in Sicilia. Mi sono trattenuto sino a quando ho potuto, ma le affermazioni di Sgarbi sul pizzo, che possono interamente essere ascoltate dal video pubblicato su youtube (http://www.youtube.com/watch?v=yFD77aWRpxc), mi hanno gelato. Affermare che il pizzo non viene esercitato dai mafiosi, è del tutto falso. Al contrario è prioprio attraverso questo strumento che le mafie affermano la loro signoria”politica-militare” sui territori ed esercitano pesantemente il controllo di attività economiche e commerciali. In precedenza, il critico aveva più volte attaccato le istituzioni dello Stato in prima linea contro le mafie (Sgarbi ha espressamente elencato “prefetti, questori, giudici e altri professionisti antimafia”). Ciò, cosa ancora più grave, è avvenuto senza contraddittorio in una sala conferenza straripante di pubblico, prevalentemente studenti liceali e universitari, critici cinematografici, giornalisti italiani e stranieri, all’interno di un evento patrocinato dal Ministro della Gioventà e finanziato quasi interamente da denaro pubblico.

  1. Che cosa ha provato, come uomo e come professionista, quando le è stato dato del “mafioso”?

Un dolore, profondo, per la delegittimazione del lavoro pluriannuale di denuncia e controinformazione sulla borghesia mafiosa, non solo mio ovvio, ma di centinaia di giornalisti, in buona parte giovani precari, che pagano quotidianamente per il loro impegno, sottoposti a minacce di ogni sorta e finanche attentati, costretti talvolta a dover abbandonare residenza e affetti e fuggire al Nord per continuare a scrivere. Se anche i giornalisti, come gli uomini dello Stato impegnati contro le mafie, sono “mafiosi”, vuol dire che “tutti sono mafiosi!”, che mafia e antimafia sono la stessa cosa e di conseguenza ha un senso e legittimità la cosiddetta “provocazione” di Sgarbi, quella della mafia che non esiste. E come ho cercato di spiegare in sala, ciò offende innanzitutto la memoria di persone come Peppino Impastato e Giuseppe Fava, straordinari giornalisti-militanti, guide e maestri di tutti coloro che cercano ogni giorno di testimoniare con coerenza il proprio impegno per la verità e la giustizia.

  1. Il pubblico ha applaudito sia lei che Sgarbi. Questo probabilmente perché si trattava in larga parte di studenti che non avevano sufficienti dati per valutare oggettivamente la gravità di quanto detto da Sgarbi, potrebbe spiegarci perché è tanto grave affermare che la mafia in Sicilia non esiste più?

Se la”mafia in Sicilia non esiste più” passa il principio che si può pensare ad altro, che si può allora abbassare la guardia, ridurre gli “sprechi” finanziari e i costi umani per controllare i territori, strapparli ai criminali e prevenire nuove illegalità. Da qui la conseguenza che non avrebbero più ragione di esistere norme che tipizzano i reati di mafia, l’aggravante dell’associazione mafiosa e del concorso esterno, le politiche emergenziali d’indurimento repressivo e detentivo per i mafiosi, la protezione e il sostegno di coloro che hanno deciso di rompere ogni legame con le organizzazioni criminali e le loro pratiche, finanche diverrebbe inutile o ingiustificato il sequestro e la confisca dei beni di proprietà mafiosa. Il percorso non può che condurre alla cancellazione del lavoro di contrasto al racket (che nello Sgarbi-pensiero è tutt’altro che un fenomeno criminale mafioso) e dell’usura, del riciclaggio del denaro sporco nella cosidetta economia legale. Del tutto inutili poi diventerebbero i progetti di educazione alla legalità democratica nelle scuole che hanno permesso in questi anni di contribuire alla formazione culturale anti-mafiosa di decine di migliaia di giovani. Credo che basti per affermare che le parole di Sgarbi rischiano di essere profondamente eversive e destabilizzanti.

  1. Può farci un esempio che contraddice la tesi di Sgarbi secondo la quale la mafia non esisterebbe più in Sicilia?

“La mafia non esiste?” Chiedetelo voi ai commercianti dei piccoli comuni o delle grandi città siciliane se sono sottoposti periodicamente alla dazione di denaro per la messa in protezione delle loro attività economiche e chi siano i diretti destinatari di esse. Chiedetelo agli imprenditori se oggi è possiible operare liberamente nel mercato delle piccole e grandi opere infrastrutturali e/o residenziali, senza subire l’imposizione criminale di estorsioni e “messe a posto”, guardianie, forniture di cemento e calcestruzzo (sempre più spesso di pessima qualità),  ecc. Chiedetelo agli abitanti e ai giovani delle invivibili periferie metropolitane quanto sia pesante l’aria che si respira in termini di militarizzazione criminale, imposizione di modelli culturali di sopraffazione e violenza, ricatti, omertà, ecc. In Sicilia la mafia esiste, è presente con forza e autorità. Certo qualcosa è cambiato rispetto al passato, ma questo è solo il risultato delle pratiche repressive delle istuzioni e dei percorsi di antimafia sociale di associazioni, centri culturali, gruppi giovanili, parrocchie, ecc.. Questi interventi verrebbero cancellati se s’imponesse tra l’opinione pubblica il senso e la concezione che la “mafia è stata sradicata è abbattuta”, come vorrebbe Vittorio Sgarbi.

  1. Negare l’esistenza della mafia è la solita omertà, ignoranza, o qualcosa di più?

Dipende dai soggetti e dalle persone che fanno simili affermazioni. C’è ancora un senso comune, autoassolutorio, che desidera di non confrontarsi con il sistema mafia, anche per non mettere in discussione privilegi e status. Ma c’è chi le utilizza per sferrare l’ennesimo attacco ai soggetti e alle persone che lottano concretamente contro la mafia, delegittimandione l’immagine, il ruolo e gli sforzi. Tra questi spiccano il presidente del Consiglio Silvio Berlsuconi e gli uomini del suo entourage, ai vertici del potere politico- economico e delle istituzioni in Italia.

  1. Tra i presenti, al momento delle affermazioni di Sgarbi, c’erano anche critici cinematografici e giornalisti? Se sì, come la fa sentire essere stato l’unico ad indignarsi?

Se ho sentito il dovere morale d’intervenire è stato inannzitutto per testimoniare che c’è ancora chi s’indigna e sente il dovere d’indignarsi quando vengono messi in gioco i valori fondamentali dell’agire comune e della verità. Sì, ho sofferto molto ad ascoltare le ovazioni del pubblico dopo alcuni pesanti e ingiusti passaggi dell’intervento di Vittorio Sgarbi e sinceramente ho sofferto per gli irresponsabili silenzi degli operatori dell’informazione presenti, ma soprattutto degli organizzatori dell’evento e di chi aveva il ruolo di moderatore del dibattito. Ma in fondo il Taormina festival è il paradigma della società e della politica italiana, ormai incancrenita. Fortunatamente all’orizzonte s’intravvedono i primi spiragli di luce: il risultato delle recenti elezioni amministrative a Milano e Napoli e lo straordinario successo referendario contro la privatizzazione dell’acqua bene comune, il nucleare e l’impunità per il premier, vanno in senso diametricalmente opposto all’atmosfera imperante nella sala conferenza del festival.

  1. Agirà legalmente per difendersi dalla grave calunnia di cui dice di essere stato vittima?

Beh, il tenore della calunnia di Sgarbi è immortalata dalla regsitrazione audio e video. Ho dato mandato ai miei legali di agire contro il critico, ma auspico che l’intero intervento venga visionato dalle autorità giudiziarie competenti, dalla Prefettura di Trapani e dalle Commissioni parlamentari antimafia nazionale e regionale per accertare la gravità politica delle affermazioni di un uomo che riveste l’incarico istituzionale di sindaco del comune di Salemi.

  1. Che cosa pensa di chi non ha fatto nulla per impedire che lei venisse apostrofato come mafioso?

Credo che essi debbanop assumersi pienamente la responsabilità morale di quanto accaduto e agire di conseguenza. Dimettendosi, cioè, dai profumati incarichi di direzione di quello che per anni è stato uno dei più importanti festival cinematografici nazionali e che oggi è stato declassato a fiera strapaesana della vanità e dei potenti dell’effimero (penso ad esempio al premio speciale riservato dal festival al finanziere e produttore franco-tunisino Tarak Ben Ammar, il socio-amico di Berlusconi e del latitante Bettino Craxi).

  1. Ricordiamo che lei è l’autore de “I Padrini del Ponte”, può farci una breve sintesi o spiegare quali questioni  mira a portare alla luce questo libro?

Il libro “I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina”, edito da Alegre di Roma, con la prefazione di Umberto Santino del Centro di documentazione antimafia “Giuseppe Impastato” di Palermo, è il tentativo di sistematizzazione dell’immensa mole di documenti (inchieste giudiziarie, sentenze di tribunali, relazioni di commissioni parlamentari antimafia, ecc.) che ha provato l’interesse suscitato tra le organizzazioni mafiose locali e transnazionali dalla progettazione ed esecuzione del Ponte sullo Stretto di Messina, la Madre delle Grandi Opere e certamente una delle più concrete opportunità di riciclaggio di denaro sporco della storia criminale (come provato ad esempio dall’indagine della procura di Roma denominata “Brooklin” sull’infiltrazione nel finanziamento dell’opera da parte di una delle più potenti famiglie mafiose nordamericane, quella dei Rizzuto di Montreal). Abbiamo tentato inoltre di dare immagine e nomi ai tanti “padrini del Ponte”, quei soggetti che compongono la borghesia mafiosa (imprenditori, progettisti, gruppi finanziari e bancari, azionisti dei grandi media, ecc.) che hanno imposto il modello socio-economico del Ponte, consapevolmente o inconsapevolmente accanto ai rappresentanti delle cosche criminali. E come tentiamo di dimostrare, I Padrini del Ponte sono I Padrini della privatizzazione dell’acqua, i Padrini del complesso militare-industriale che impone la guerra globale e permanente, i padrini del nucleare e di tante delle nefandezze dell’universo neoliberista contemporaneo.

  1. La nostra è una rivista online che si concentra soprattutto sulla condizione dei giovani in Sicilia, che cosa si sente di dire alle nuove generazioni sul tema dell’antimafia?

Di continuare ad indignarsi, di non smettere di opporsi al pensiero unico imperante, di puntare alla trasformazione realmente democratica ed ugualitaria del mondo, dove siano abbattuti privilegi e muri, venga bandito l’apartheid e sia pienamente riconosciuto il diritto di cittadinanza a tutti. E di non credere mai agli affabulatori e ai giullari di sovrani e regimi, di esercitare sempre e comunque lo spirito critico. Di sperare o ricominciare a sperare, di lottare o ricominciare a lottare. Ne va del futuro nostro, dei nostri figli e della intera umanità.


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