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The Destruction of Man ovvero Commistione di piani

Fotografo: Angelo Camillieri (www.flickr.com/photos/angelocamillieri)
Foto pubblicata sulla prima pagina di http://www.vogue.it/photovogue il 16/05/11.

 

L’immagine si declina in diversi piani:

Un primo piano mostra, in posizione centrale e dominante, la figura marcata nei contorni ma poco definita all’interno, di una persona: il soggetto è definito nella sua estensione spaziale, ma manca di caratteri chiarificanti la sua identità: il soggetto si presta così a divenire icona anonima del concetto di umano.

La posizione è fortemente simbolica: si osservano  le braccia stese su una linea immaginaria su cui poggia perpendicolare la testa, la mani aperte coi palmi in vista, il corpo alzato e frontale.

Il primo più immediato richiamo è certamente a Gesù Cristo in croce, metafora dell’intreccio fra dimensione umana e divina, ove la divinità si rintraccia in una intrinseca ed indisponibile dignità soggettiva nell’essere in qualsiasi modo, necessariamente.

Un ulteriore richiamo è all’uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci, di cui il soggetto assume la posizione richiusa, con gambe vicine e braccia perpendicolari al busto. Come l’intuizione vitruviana coglie in una realtà fenomenologica, quale il corpo vivo,una verità matematica ed esatta, ovvero laproporzionalità delle parti e l’ordine geometrico del tutto, così il soggetto rivendica una collocazione nello spazio armoniosa e necessaria: nell’ osservazione congiunta uomo-spazio si coglie un nuovo significato.

Infatti lo strumento informatico, ovvero la pagina multimediale, ripiano fondale della foto, diventa coefficiente di equilibrio, permettendo di fondere i suoi indici scientifici di misura e proporzione con l’estensione autonoma del soggetto:  se il fondo informatico è lo spazio tangibile ed esatto della realtà derivata,allora il soggetto vi si colloca autonomamente, rivendicando la propria necessità originaria e la propria centralità: non già la pagina multimediale, con le sue elaborazioni matematiche, è coefficiente di misura e perfezione per il soggetto che vi è inserito (lo spazio non definisce più il suo contenuto) ma piuttosto il soggetto, col suo equilibrio auto-evidente e intangibile, limita e definisce lo spazio attorno a se (il soggetto pone lo spazio).

Ancora, la presenza di due varianti speculari dello stesso soggetto focalizza la retorica del rapporto relazionale: nonostante siano l’uno il riflesso identico ed esatto dell’altro,  la variazione di coefficienti formali, quale le dimensioni sulla carta, basta a strutturare un rapporto gerarchico e conflittuale ove la posizione nel contesto determina la qualità del soggetto.

Sullo sfondo una foto ambientale urbana di cui si coglie con difficoltà un orizzonte lontano. La città ha una forte valenza simbolica e così la scelta di trascurarla, accantonarla in un angolo facendone cartolina ovvero svilirla dinanzi agli altri elementi dell’immagine. La città quale agglomerato sociale coglie al suo interno un infinito intreccio di uomini, i quali realizzano insieme, inconsapevoli,  un fenomeno enorme e titanico: la città stessa; quindi ora come spazio fisico/geografico, concetto empirico e misurabile ora come entità sociale e totalizzante, produttiva di sottorealtà sempre mutevoli e significanti, la città è demolita a fenomeno trascurabile ovvero ridimensionato (in piccolo) per farne mera citazione, termine di paragone per riflettere sulla centralità della figura umana: il soggetto, quale demiurgo della realtà sociale, domina la città, vincendone le pretese aggressive di appiattirlo e uniformarlo al suo canone.

Nel complesso, la composizione spiega la sua magia nell’equilibrio delle forme che plasma e cela insieme: triangoli, quadrati, rombi e trapezi si compongono nei vari ripiani.

Commento di Marco Occhipinti

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