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Riforma alla Bandiera

Di Simone Lo Presti

Perché l’Ungheria siamo noi.

 

Rosso, verde, bianco. Bianco, rosso, verde. Verde, rosso, bianco. Ma com’è fatta la nostra bandiera?

In questo periodo di campagna elettorale le strade di Ragusa si sono colorate, riempite di manifesti, foto e slogan, dai più improponibili (“Al consiglio c’è bisogno di votare gente con le palle…Io ci voto”) ai più poetici (“Chi ha seminato con lungimiranza raccoglie in abbondanza”) a vere e proprie crisi d’identità personali. Ma per quanto sia possibile mettersi nei panni di qualcun altro, risulta difficile e strano non riconoscere la propria bandiera sostituendo i colli iblei con i verdeggianti bassipiani del Danubio e confondendo la festa di San Giovanni con la Sagra della Matrioska, accompagnando il tutto con l’allegro suono dei cembali e delle balalaike. Per di più indiscrezioni dicono che il tradizionale “mercato del mercoledì” sarà sostituito dalla “Fiera dell’Est”, dove chiunque potrà consultare cartomanti qualificate, assistere agli spettacoli di danzatrici gitane, acrobati e mangiafuoco e comprare finalmente per due soldi quel dannato topolino. Nell’anno della ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia le figure imbarazzanti dei politici italiani non hanno smesso di sedersi a tavola con noi e di dipingere un’ignoranza che è sempre più indifferenza nei confronti delle nostre radici. Si capisce bene che, in un periodo di riforme e in cui l’Europa ha sempre un maggior peso nell’economia e nella cultura italiana, si voglia allargare i propri orizzonti, fraternizzando con le new entries dell’Unione Europea. E poi perché mai gli italiani vorrebbero tenere una bandiera così antica, così demodé: guardiamo la Francia, lei nella bandiera ha il blu che quest’anno è di moda, la bandiera spagnola ha colori così sgargianti, vivaci; perché mai non dovremmo cambiare look?

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