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Deve essere un Paese per giovani

Di Giulio Pitroso

L’esistenza è fatta di confronti. Noi, nel nostro tempo, dobbiamo vedercela con qualcosa, qualcosa che è più forte di noi. Non è solo una questione di crisi economica o di crisi valoriale. C’è un grande abisso, un abisso mostruoso che continua a mangiare i giovani italiani, li divora e li tortura.
Sono 2,1 milioni i Neet italiani: 2 milioni di ragazzi che non lavorano, non cercano lavoro e/o non studiano. E, secondo l’ISTAT, le fila di quest’esercito s’infarciscono di nuove reclute ogni anno. Questa volte ci sono 134mila ragazzi in più nella grande bolgia del nulla. Il termine di matrice inglese significa Not in Education, Employment or Training. Pressappoco l’equivalente dei nostrani “fannulloni”, mira degli abusi verbali e delle legittime lagne di politici PDL e PD. Sono dei ragazzi che bruciano le loro esistenze, spesso, attorno alle grandi luminarie dei centri commerciali, con le parole fatiscenti del consumo, sotto la pressa ignobile dell’etica del possesso. Incamerati negli schemi che vogliono fare dell’Uomo un oggetto e non un soggetto della sua vita, questi ragazzi sono stati demotivati, trattati come cani, lasciati a loro stessi dalle generazioni passate, dai genitori irresponsabili, dalla televisione come unica educatrice, dalle scuole, riciclo naturale di frustrazione e bassezza.
Somigliano ai prolet, quei disgraziati lasciati per lo più nell’ignoranza o nella discriminazione, cui fa riferimento Orwell in 1984. Ma non sono poi così ignoranti come si può pensare. Di certo non contano nulla, siano o no formati e istruiti. Non sono nessuno. Non valgono niente. Per i nostri(mal)illuminati politici sono un deficit, non uno spreco. Le loro intelligenze e le loro capacità vengono buttate al macero ogni giorno. E non è un caso se qui, su questa terra maledetta siano rimasti i meno fortunati o i troppo fortunati e il resto se ne sia andato: l’emigrazione è la ferita e forse la valvola di sfogo più nota. Sarà forse a causa di queste fughe che non è ancora successo nulla, che questi ragazzi non hanno fatto ancora nulla o non hanno fatto abbastanza, i più impalati davanti alla tv, immersi nell’uso compulsivo dei social network più che alla coscienza civile che questi dovrebbero produrre.
Intrisi in una pozzanghera di idee confuse, schiacciati da insegnati autoritari,rifiutati dagli istituti di formazione, hanno sviluppato un certo odio verso tutto ciò che è istruzione e discussione, quasi non avessero gli strumenti per confrontarsi. Chiusi in deliri narcisistici, incubati nel nulla, folgorati dalle droghe che usano come mezzo d’evasione dalla realtà, continuano un’esistenza sospesa, da zombie.
Cosa si deve fare per migliorare questa situazione? Pontificare, come se si sapesse cosa fare esattamente, come se s’avesse la verità in tasca, come ha fatto una certa degradata sinistra? Oppure discutere, discutere e ancora discutere, nelle botteghe, nelle piazze, per le strade e fare uscire fuori la verità delle cose, partorirla, portarla alla luce con sofferenza e passione, con gioia e determinazione? Bisogna bastonare a parole chi dice sciocchezze, ma non troppo forte. Bastonare, bastonare e bastonare, perché con le parole si possono risolvere molte più cose che con i cortei e le manifestazioni. E se la pigrizia esistenziale, l’autostima da pecore che la società ha regalato a questi suoi figli minori li incatena, allora si deve gridare e si devono regalare occasioni per costruire insieme delle cose, per trasformare, parafrasando Vasco Brondi, le città in altre cazzo di città. Trasformiamo la realtà, perché è necessario, perché la massa dei Neet costituisce un ostacolo anche per altri giovani italiani, per quelli che si spaccano la schiena ogni giorno e non hanno voce per farsi sentire: sono già pochissimi e confusi, non si possono permettere di trovarsi due milioni di altri emarginati messi di traverso, inerti. Si deve costruire insieme una lunga marcia verso il progresso e la liberazione dell’Uomo, sganciandoci da tutte le macerie mobili e viventi che tengono le redini del Paese, dalle vecchi canaglie e dalle grandi querce malate che tolgono luce ai fiori nuovi che regala la terra.
Noi dobbiamo sentirci liberi di immaginare un’Italia diversa, una Sicilia diversa, perché lo sappiamo fare. Non possiamo accettare piaghe vergognose come la mafia e la corruzione, non ce lo possiamo permettere. Se non fermeremo la corsa verso l’abisso di milioni di ragazzi e ragazze italiani, allora la partita sarà chiusa, saremo costretti per sempre alla miseria morale ed economica.

One Comment

  1. Alessandro Massari Alessandro Massari 11/06/2011

    Tristemente vero…

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