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Il 9 Aprile a Ragusa

Di Giulio Pitroso

 

E’ un giorno assolato, calmo e placido. E’ il 9 Aprile del 2011. La piazza, quella do San Giovanni, è vuota. In alto, sulla sinistra, infisso sulla pelle ruvida di un palazzone, sta una lapide, una lastra di pietra. Dovrebbe ricordare tra morti ammazzati. I loro nomi stanno là, immemori, crudi, dimenticati dallo sguardo dei passanti. Si chiamavano Rosario Occhipinti, Carmelo Vitale, Rosario Gurrieri.

In basso, scritto timidamente in piccolo, la data della deposizione, 25 Aprile 2003. Non sono passati molti anni, quindi, da quando questa città si è ricordata di questa brutta storia. Per inciso, una storia di fascismo. Non una storia qualsiasi.
Sono pochissimi i manifestanti, forse poco più di due dozzine. Rappresentano L’Arci di Ragusa, la Federazione Anarchica Siciliana, il Clandestino (Con permesso di soggiorno), noto mensile d’inchiesta, l’Unione degli Studenti. Sono davvero troppo pochi, mentre il giorno è quasi giunto alla sua metà. Ed è da questo dato, dal numero esiguo, che Pippo Gurrieri, microfono in mano, esponente di spicco dell’anarchismo siciliano e del giornalismo impegnato, vuole partire, quando prende la parola, di fronte allo sparuto numero di ragazzi, appollaiato sui gradini della chiesa di San Giovanni. Qualche passante li osserva. C’è anche qualche giornalista. Ma sembra che quella di Gurrieri sia, più che altro, una vox clamans in deserto.
La storia, che verrà raccontata in siciliano, attraverso le memorie di uno dei testimoni, lette a gran voce, senza nessun supporto, sembra rimanere dimenticata.

Grave è l’assenza della CGIL e dell’Anpi. Lo dice Gurrieri, mentre racconta le storie tristi di Pennavaria e del silenzio ragusano. La città, per inciso, ha rischiato di avere una statua del noto gerarca, commissionata non molti anni fa’ da un’amministrazione di centro-destra.

Vivi anche i riferimenti ai maltrattamenti ai migranti negli Iblei, paragonati ai braccianti locali della Ragusa prefascista. “Il nove aprile continua” evidenzia Gurrieri.

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