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Diario parigino- Come la Francia guarda l’Italia

Di Massimo Occhipinti

Un vecchio clochard, curvo su se stesso, costretto a guardare a terra non oltre il prossimo passo.
Il mento preme contro il petto, l’osso del collo sembra proprio spezzato e la testa sostenersi quasi interamente sullo sterno; un ammasso di capelli lunghi e bianchi ne copre il volto e viene scostato a mo’ di tenda per discernere i dati disponibili da quel che resta della sua visuale.
L’andamento claudicante è derivato da questa postura insolita, da questa figura spezzata proprio nella parte più importante del corpo di un uomo, che ne rappresenta la nobiltà spirituale e naturale.
La camminata faticosa, come suggerisce il respiro affannato dalla costrizione sulla cassa toracica, è sempre accompagnata da un puzzo quasi cadaverico che atterrisce ogni tentativo di compatire
quella deprecabile condizione, interrompendo qualsiasi tentativo di formulare dei pensieri.

Questa è l’allegorica visione a distanza di un’Italia bloccata da tempo, alla deriva politica, sociale e culturale; da tempo perché i fatti politici dell’ultimo mese e mezzo non sono delle novità, ma la reiterazione di un morbo con il quale sembrano ormai  dover convivere simbioticamente tutti quelli che hanno con se un documento di riconoscimento con su scritto “Repubblica Italiana”.
Vivere all’estero in questo periodo non è molto facile per chiunque tenti, nonostante tutto, di sentirsi italiano non soltanto in virtù di quel documento.
La cronaca politica, spesso, non è che il biglietto da visita con il quale ci si presenta al di fuori dei nostri confini, con il quale si stringe la mano al nuovo professore prodigo di esempi allusivi durante la lezione di storia moderna, o si discute con un utente dell’area “la presse du jour” (la stampa del giorno) della biblioteca, che si avvicina indovinando la nazionalità dalla pagina di giornale che si è intenti a leggere.
Il quadro , nella sua complessità, è chiaro sintomo di decadenza.
Qualsiasi articolo di giornale dell’ultimo mese che riguarda l’Italia è accompagnato in chiusura dalle vicende giudiziarie del capo del governo e dalle procedure che coinvolgono nell’affaire il Parlamento, bloccando così la vita politica e istituzionale del Paese, e soprattutto macchiando la menzione Repubblica democratica dell’articolo 1 della Costituzione con i continui e quotidiani attacchi alla nostra magistratura, accusata di voler sovvertire il voto del popolo sovrano.
Un articolo de Le Monde in merito alla non approvazione del Federalismo, in seguito al pareggio della votazione del 3 febbraio in commissione, analizza e allo stesso tempo riassume il punto di vista straniero:
“Il federalismo fiscale è ugualmente vittima dello scontro fra il calendario politico e giudiziario dell’affare Ruby” e aggiunge poco prima di chiudere “anche altri processi, per corruzione e frode, riprenderanno a febbraio, adesso che la Corte costituzionale ha privato Berlusconi di un’immunità automatica”.
Le Figaro riprende: “Silvio Berlusconi è indagato dal 14 gennaio per concussione e prostituzione minorile” e fa notare con un riquadro esterno all’articolo accanto alla foto del Premier che “315 deputati italiani hanno rigettato la richiesta di perquisizione degli uffici di Silvio Berlusconi, contro 298 a favore”.
Le due principali testate francesi sintetizzano a pieno la cronaca che riporta analoghe considerazioni del resto dei giornali minori e di altri paesi, per cui continuare le citazioni non sarebbe che tautologico.
Dal resto del mondo sono questi i fatti che si commentano, e per altro sembrano anche essere assorbite espressioni tipiche della retorica giornalistica italiana, come “Rubygate”, o puntualmente associate alle dichiarazioni del presidente del consiglio, come “magistratura di sinistra”.
E mentre in un’intervista a Ilvo Diamanti, docente all’università di Urbino, i cugini d’oltralpe domandano se “gli italiani possono rimproverare ai giudici di andare troppo lontano, di accanirsi contro Berlusconi ” la cronaca francese degli ultimi 5 giorni è scombussolata dall’attacco alla magistratura da parte di Nicolas Sarkozy ,attuale presidente della Repubblica in Francia.
L’accusa non é di “funzionare troppo”, come sembra potersi evincere dalle lamentele del collega italiano, ma di funzionare troppo poco e arriva a seguito delle vicende che hanno portato la procura di Nantes, caricata da oltre 800 dossier, a decidere in accordo con le parti competenti (magistratura e tribunale) la sospensione di un processo per omicidio al fine di alleggerire il carico di lavoro a favore di processi più importanti.
Quella che è stata definita “la fronda dei giudici” ha visto 115 su 195 tra corti d’appello e tribunali  aderire alla protesta in tutta la Francia, a causa dalle parole del capo dello stato che nelle sue dichiarazioni fece seguire l’espressione “fautes”, cioè colpe (riferendosi alla magistratura), da quella di “sanctions”, cioè punizioni.
Mentre gli stessi giornali annunciano che il prossimo 7 marzo  comincerà il processo all’ex presidente Jacques Chirac (accusa di appropriazione indebita, commessa durante l’incarico a sindaco di Parigi, mossagli negli ultimi mesi del suo mandato nel 2007); speriamo utopicamente che una cosa del genere possa succedere anche in patria.
Sebbene l’incipit di apertura si presti bene per un’allegoria forte, anche eccessiva della situazione descritta, non lo è soltanto; e ci ricorda come, materialmente e non, la decadenza sia intorno a noi.

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