Intervista a Concetta Castilletti, ricercatrice dell’INMI Spallanzani, membro dell’équipe che ha isolato il virus lo scorso febbraio, e insignita insieme ai suoi colleghi dal presidente Mattarella dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica
A margine della presentazione del libro “Cosa Sarà. Come cambierà la nostra vita dopo la grande pandemia. La sanità, il lavoro, la scuola, la politica”, edito Mind Edizioni, come fuori concorso alla rassegna letteraria Liolà, organizzata da Pro Loco Mazzarelli a Marina di Ragusa, abbiamo intervistato Salvatore Curiale, comunicatore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma e co-autore del libro, e Concetta Castilletti, ricercatrice dello stesso Istituto e membro dell’équipe che lo scorso febbraio ha isolato il virus.
Dopo l’intervista a Salvatore Curiale sul suo libro, in questa seconda parte riportiamo la nostra chiacchierata con la ricercatrice Concetta Castilletti sul suo prezioso lavoro di ricerca, sulla cooperazione scientifica internazionale, sulla gestione clinica del virus e sulle prossime mosse per prevenire una ricaduta in autunno.
Dott.ssa Castilletti, partiamo da una domanda contingente alla situazione contemporanea, in cui girano diverse voci sul virus. Possiamo catalogare come fake news le notizie riguardo ad un indebolimento del virus?
Assolutamente si, e non solo. La mutazione che ha il virus che è circolato in Italia sembra essere, in diversi lavori ancora da confermare con altri studi, più aggressiva della variante cinese. L’unica differenza rispetto alla primavera è che ne circola di meno grazie alle misure di contenimento adottate. Attualmente non abbiamo nemmeno una cura “ufficiale” perché nessuno studio è stato ultimato con reali Trial Clinici. Questo vale anche per il Remdesivir e per il trattamento con Plasma Iperimmune. Non abbiamo certezze quindi né sull’efficacia delle cure, né sugli effetti collaterali che possono causare. I risultati positivi derivano solo da osservazioni empiriche e non da dati scientifici. Abbiamo una sola certezza: continuare a prendere precauzioni che NON limitano le nostre libertà per evitare di tornare indietro, ovvero continuare a mantenere il distanziamento, usare la mascherina, avere una corretta igiene ed evitare assembramenti, per mantenere la situazione sotto controllo finché non ci sarà una cura o un vaccino. (ndr. Dal 24 agosto è cominciata la sperimentazione del vaccino realizzato dallo Spallanzani)
Ci racconta i primi giorni in cui ha conosciuto il Covid-19?
Quando a fine 2019 è emerso il virus in Cina abbiamo cominciato ad attivare una rete di contatti internazionali per avere quante più informazioni possibili. Una volta uscita la sequenza, prima ancora di avere i test diagnostici per il virus, abbiamo riesumato il virus della SARS in quanto molto vicino al Covid-19, e abbiamo così cominciato a disegnarci i nostri test diagnostici. Quando i coniugi cinesi sono arrivati allo Spallanzani il 28 gennaio eravamo più che preparati, perché eravamo sicuri che il virus sarebbe arrivato in Italia ed eravamo pronti per affrontarlo, così come lo eravamo per Ebola. Ma nessuno di noi pensava che sarebbe successo tutto quello che abbiamo visto nei mesi successivi. Immaginavamo una situazione molto più contenuta.
Lei stava parlando di cooperazione internazionale. In che modo si è svolta e continua a svolgersi questa collaborazione nel mondo scientifico?
Ogni laboratorio ha l’orgoglio e il piacere di svolgere in prima persona una ricerca, però in questo ambiente e con questi virus c’è una grande collaborazione perché diventa indispensabile capire e agire il più velocemente possibile. Ogni nuovo virus scoperto viene subito messo a disposizione di questa rete internazionale e ci si confronta per capire come meglio agire.
Quali sono stati i peggiori momenti affrontati?
C’è stato un momento in cui sono venuti a mancare i reattivi per fare i test in tutta Europa. E quello è stato un momento veramente difficile essendo strumenti indispensabili per il nostro lavoro. Le ditte che producevano questi materiali sono state sovraccaricate di richieste e, nel tentativo di accelerare la produzione, hanno realizzato diversi stock di reattivi con meno cura; molti di questi erano contaminati e quindi inutilizzabili in quanto producevano falsi positivi. Gli unici che hanno sempre avuto a disposizione i reattivi sono stati i veneti, che hanno accumulato scorte necessarie per affrontare la situazione. Il resto dei laboratori in Europa è tornato a fare i test mettendo a bollire il campione per estrarre l’RNA del virus. Una situazione che ha mostrato una fragilità strutturale in tutta Europa e nel mondo, ma assolutamente comprensibile in quanto le ditte che producono i reattivi in Europa sono due/tre, e in tempi di normalità sono più che sufficienti in quanto seguono le previsioni di consumo annue che ogni laboratorio invia. Così come è comprensibile la difficoltà, nei primi mesi, di approvvigionamenti di mascherine. Un prodotto che non veniva nemmeno più realizzato in Italia.
Non si poteva quindi arrivare più preparati di così. Ma nella più sfortunata delle ipotesi, se in autunno si dovesse tornare a livelli di contagio come quelli primaverili sia in Italia che in Europa, il SSN è meglio organizzato? Abbiamo i presidi sanitari necessari? Ed infine, la carenza di personale, come medici, infermieri e ricercatori, è stata colmata?
Io spero di si, e stiamo facendo di tutto per essere più pronti e curare tutti questi aspetti. Dal punto di vista clinico, siamo sicuramente più preparati in quanto ormai siamo capaci di riconoscere prima l’infezione e quindi in grado di gestire meglio i malati. Dal punto di vista dell’approvvigionamento di materiali e presidi sanitari, la centralizzazione degli acquisti gestita dalla Protezione Civile era un qualcosa che andava creato fin dall’inizio ma, nonostante i numerosi tentativi, è un progetto che non ha avuto seguito. La Regione Lazio ci ha comunque messo in condizione di avere reattivi a prezzi calmierati tramite gare regionali, quindi dovremmo essere pronti. Sappiamo già che in autunno il laboratorio sarà sommerso, perché con l’arrivo del virus dell’influenza stagionale la paura del contagio porterà a fare una marea di tamponi. Purtroppo non abbiamo visto incrementare il personale impegnato da noi, ma abbiamo triplicato i turni…
Intervista di Salvatore Schininà
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