Per gli studenti di trenta o quarant’anni fa la possibilità di seguire gli insegnanti da remoto era pura fantascienza, una chimera al pari delle crociere spaziali o del teletrasporto. Rimarrebbero allora parecchio sorpresi scoprendo che invece, per l’attuale generazione di studenti, o almeno per coloro che sono studenti nel 2020, questa sia di fatto una realtà quotidiana.
L’emergenza Covid-19 ha reso necessario l’impiego di strumenti multimediali per non compromettere lo svolgimento delle attività didattiche nelle scuole e università italiane.
La didattica a distanza (o DAD che dir si voglia) ha costretto il mondo dell’istruzione a confrontarsi con una delle più discusse sfide del futuro: la digitalizzazione del sistema scolastico.
Abbiamo avuto modo di vedere come cambiano i paradigmi comunicativi, relazionali ed educativi se fra le parti coinvolte si frappone il diaframma di uno schermo e come il dibattito su un sistema fino a pochi mesi fa puramente teorico si sia esteso oltre la semplice questione metodologica imponendo di considerare numerose problematiche tra cui l’inquadramento legislativo e il rapporto con la categoria professionale di riferimento: i docenti.
D’altro canto dove ci sono degli insegnanti devono esserci degli studenti e sono proprio questi a doversi maggiormente mettere in discussione in casi del genere.
Non è un segreto che in Italia, ventiquattresima nazione Europea al 2019 nella graduatoria DESI (Digital Economy and Society Index), negli ultimi decenni, si sia investito molto poco nell’adeguamento tecnologico e nella promozione dei nuovi media, sia per le infrastrutture sia per quanto concerne la formazione professionale. Gli stessi nati nell’ultima decade hanno sviluppato la competenza tecnologica che li contraddistingue perché immersi sin dalla nascita in una realtà in progressiva digitalizzazione, non perché stimolati. Ciononostante, non tutti hanno libero accesso a internet: l’AGCOM riferisce, in base base a rilevazioni di Giugno 2018, che circa il 5,6 % della popolazione non ha accesso a una rete domestica fissa.
Gli effetti di questa sostanziale inerzia sono poi resi ancora più pesanti dalle situazioni economiche precarie per i quali strumenti quali pc e tablet potrebbero non essere facilmente accessibili. Secondo l’ISTAT infatti “nel periodo 2018-2019, il 33,8% delle famiglie non ha computer o tablet in casa, la quota scende al 14,3% tra le famiglie con almeno un minore” e “solo per il 22,2% delle famiglie ha a disposizione un pc o tablet”.
Alle oggettive barriere economiche, logistiche e infrastrutturali sono poi da aggiungere le eventuali e legittime idiosincrasie dei singoli studenti. Se da un lato, infatti, l’aula multimediale risolve il problema dell’evanescenza degli argomenti discussi molti, soprattutto fra gli universitari, potrebbero trovarsi a disagio con le procedure di verifica telematiche o con la mutata prassi interattiva. La didattica a distanza semplifica certi aspetti dell’apprendimento ignorandone altri e richiede da parte degli studenti un atteggiamento versatile. Un buon approccio, potrebbe essere quello di prenderla come un’opportunità per superare certe barriere caratteriali in modo che anche una situazione apparentemente di disagio possa essere motivo di crescita personale.
È chiaro che l’auspicio di studenti e insegnanti sia quello di poter tornare quanto prima a un rapporto face to face, le circostanze attuali però impongono di esplorare vie alternative e di farle combaciare con le esigenze e le difficoltà di ognuno. Del resto riuscire adesso ad affrontare un esame o qualunque altra prova per via telematica, per quanto si possa essere inibiti dalle condizioni in cui li si sostiene, significa confrontarsi in anticipo con una realtà molto più prossima di quanto non si creda.
Vincenzo Criscione
[…] e il suo team hanno sostituito alla regolare lezione in classe, il metodo quasi sconosciuto della didattica a distanza, dialetticamente conosciuta come le lezioni online. Le prime settimane le abbiamo passate a […]