La giornalista Sara Manisera, ospite del secondo appuntamento del ciclo “Libera le Conferenze” Mafia e Caporalato tenuto da UniLibera Milano, ha parlato delle storie di lavoratori migranti vittime di caporalato raccolte nel suo libro e ha ripercorso il valore delle lotte contadine.
Racconti di schiavitù e lotta nelle campagne, edito da Aut Aut Edizioni, è un libro che tocca con mano le storie e le vite di migranti vittime di sfruttamento lavorativo e che al contempo propone soluzioni e nuovi modelli di consumo, capaci di rispettare l’equilibrio della natura e la dignità del lavoro.
Partendo dalla sua tesi di laurea incentrata sullo sfruttamento lavorativo nella Piana di Gioia Tauro e sulla rivolta di Rosarno, Sara Manisera svolge una vera indagine sul campo. Seguendo il ciclo delle stagioni, il libro è diviso in quattro capitoli, ognuno dei quali dedicato ad una specifica regione (Puglia, Calabria, Piemonte e Sicilia) e ad un tipico prodotto. Un procedimento che rivela come i consumatori siano inconsapevoli dell’importanza della stagionalità dei prodotti, e come la richiesta di beni fuori stagione abbia ricadute non solo alimentari ma anche produttive e lavorative.
Il quarto ed ultimo capitolo è incentrato sul valore della memoria, ripercorrendo la storia delle lotte contadine in Sicilia del XX secolo, che permisero il riconoscimento di importanti diritti ai piccoli proprietari e ai contadini, qualificando la loro importanza sociale e politica. Da quelle lotte di classe nacquero i movimenti antimafia. Una sezione dedicata ai nostri nonni, come dice Sara, perchè «la nostra storia comune parte dalla terra».
Il viaggio di Sara Manisera tra i lavoratori migranti disegna la mappa degli spostamenti dei braccianti stagionali in Italia, in una continua migrazione che non conosce pausa e stabilità. Riscontro spiacevole è la diffusione in tutto il territorio nazionale del fenomeno dello sfruttamento lavorativo e del caporalato, nonostante le differenze dei sistemi produttivi tra Nord e Sud del Paese. Se infatti al Nord è tipica la grande azienda agricola, spesso appartenete a multinazionali con produzioni presenti in diverse zone del pianeta, e con una forte tendenza all’esportazione (verso il Medio Oriente, il resto d’Europa, l’America), nel Sud la produzione è in mano a piccoli e medi imprenditori, con un mercato prevalentemente locale o nazionale.
Oltre allo sfruttamento e al caparolato, il sistema agricolo nazionale è unificato anche dalle regole imposte dalla GDO (Grande Distribuzione Organizzata). Un sistema creato dai grandi discount capace di schiacciare intere filiere agricole attraverso il meccanismo dell’asta a doppio ribasso. Dopo aver indetto la prima asta online, le società di distribuzione indicono una seconda gara che prevede come base di partenze l’offerta più bassa. Ciò costringe gli imprenditori agricoli ad abbassare sproporzionatamente i costi di produzione a discapito dei consumatori, inquinando la qualità dei prodotti tramite un utilizzo massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici nelle produzioni intensive; e dei lavoratori, costretti a salari indegni e a turni di lavoro stremanti. Lavoratori e consumatori diventano vittime di un sistema produttivo incentrato solamente sulla ricerca del profitto.
Diverse soluzioni sono state discusse durante l’incontro: dalle proposte di regolarizzazione del mercato tramite un sistema legislativo che limiti il potere della GDO (una proposto di legge è stata già approvata alla Camera nel giugno del 2019), alla creazione di una rete di servizi strutturati messa a disposizione della amministrazioni locali alle piccole e medie imprese agricole, per lo sviluppo di piattaforme comuni per la valorizzazione dei prodotti locali, per l’e-commerce e per l’ammodernamento tecnologico e digitale, capace di creare un mercato alternativo alla grande distribuzione, al superamento della gestione emergenziale dell’immigrazione e dello sfruttamento lavorativo, istituendo un sistema di accoglienza e di domiciliazione stabile, capace di strappare dalla mani della criminalità organizzata la vita di migliaia di lavoratori stranieri, costretti a condizioni di lavoro e vita disumani.
Tuttavia le alternative ci sono e Sara Manisera cita un esempio molto interessante. Infatti, in Puglia è stato ideato da un privato cittadino un sistema abbracciato dall’amministrazione locale, in cui a fronte di un canone di affitto molto basso, vengono date in affitto ai lavoratori stagionali le abitazioni sfitte delle zone rurali, ed offerto loro un servizio di trasporto pubblico dedicato ed efficiente. Un sistema capace di accogliere in strutture degne e confortevoli decine di persone, sottraendole dal gioco della criminalità organizzata ed evitandogli di risiedere nelle baraccopoli, integrando così i piani di ripopolamento delle zone rurali. Un approccio strutturale e ripetibile, opposto alla gestione emergenziale messa in atto dallo Stato, caratterizzata dalla sola creazione e la distruzione annuale e ripetuta di tendopoli, e che troppo spesso latita nella sua lotta allo sfruttamento lavorativo.
Salvatore Schininà
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