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La morte di Attilio Manca fa discutere anche Vittoria

Lo scorso giovedì 16 marzo si è tenuta la presentazione del libro di Lorenzo BaldoLa mafia ordina Suicidate Attilio Manca” promossa da CGIL, Generazione Zero e Libera presso la sala “Emanuele Giudice” del Chiostro delle Grazie a Vittoria.

Lorenzo Baldo è un giornalista pubblicista di origini venete, trapiantato nelle marche e da sedici anni inviato a Palermo per  “Antimafia Duemila” di cui è anche vicedirettore. In passato ha collaborato con “I Siciliani giovani” e si è occupato degli avvenimenti più salienti avvenuti tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio in un libro-inchiesta scritto insieme a Giorgio Bongiovanni. La sua ultima fatica ha restituito un libro che tratta in maniera dettagliata e profonda la storia di Attilio Manca, profonda perché l’autore si è preoccupato di ricostruire con una prima parte-romanzo il contesto psicologico e sociale del giovane medico immedesimandosi fino alla più concreta quotidianità e di affidare ad una seconda parte-saggio l’analisi della vicenda.

Attilio Manca era un urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto e operava a Viterbo. A 35 anni aveva già alle spalle una carriera consolidata e nei primi anni 2000 era l’unico medico italiano ad operare in laparoscopia il tumore alla prostata. Il 12 febbraio 2004 venne ritrovato cadavere nella sua abitazione con evidenti segni di colluttazione e due buchi al braccio sinistro. In seguito all’autopsia e alle indagini della procura di Viterbo il caso viene catalogato come morte per overdose, poi archiviato come suicidio. Tuttavia Attilio Manca è un mancino puro e, soprattutto, non è un tossicodipendente ma un professionista affermato e non ha nessun motivo per togliersi la vita. La famiglia Manca non accetta la sentenza, non ne riconosce il suicidio e vuole la riabilitazione del suo nome infangato dall’etichetta  di  tossicodipendente, inoltre è fermamente convinta della matrice mafiosa dell’omicidio poiché la vita professionale di Attilio avrebbe incrociato la figura di Bernardo Provenzano nel 2003 quando, ancorché latitante, il boss mafioso veniva accompagnato con dei documenti falsi a Marsiglia per sottoporsi ad un’operazione alla prostata. Attilio Manca avrebbe partecipato all’intervento o, quantomeno, lo avrebbe visitato: le dichiarazioni di pentiti del calibro di Giuseppe Setola e Carmelo D’Amico hanno consentito, a distanza di tredici anni dalla sua morte, l’apertura di una nuova inchiesta per omicidio di matrice mafiosa.

La tesi di Baldo è che forse Attilio aveva riconosciuto Provenzano e forse aveva riconosciuto anche “la rete” che lo proteggeva e lo accudiva, mettendo a repentaglio la contrattazione di Cosa Nostra con alcuni apparati deviati dello stato; così come spiega Don Ciotti, che del libro ne scrive la prefazione: «non posso non pormi una serie di domande di fronte alla tesi sostenuta con forza dagli avvocati della famiglia Manca, ossia che le omissioni e le false piste dell’indagine sono collegate al fatto che fare luce sulla morte di Attilio Manca significa scoperchiare parte della cosiddetta trattativa Stato-mafia, avviata da Cosa nostra per chiedere, in cambio della cessazione della stragi, quella del regime di carcere duro per i boss».

Il dibattito che ha seguito la presentazione ha sottolineato la necessità di  considerare il fenomeno mafioso nella sua complessità, nella sua integrazione con il sistema sociale “legale” e nella sua collaborazione con elementi deviati dello stato. L’opinione pubblica è investita di un ruolo di controllo fondamentale, perché può far sentire che l’attenzione sulle vicende come quella di Attilio Manca è alta e può dare voce a coloro che si avvolgono o sono avvolti nella spirale del silenzio; in questo senso la partecipazione è una risorsa preziosa e si auspica una collaborazione costruttiva tra le associazioni che dovrebbero evitare di auto-isolarsi a causa di conflitti e rivalità. Ci avviciniamo al 70° anniversario della strage di Portella della Ginestra, come ricorda il segretario provinciale della GGIL Peppe Scifo, ed è auspicabile un risveglio della coscienza civile su questi temi.

 

 di Massimo Occhipinti

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