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Ddl sul caporalato, ora è legge

“Si tratta di un intervento organico che rafforza le norme penali e introduce strumenti operativi necessari, come ad esempio il piano di accoglienza per i lavoratori stagionali. Con la norma rafforziamo anche la Rete del lavoro agricolo di qualità, che abbiamo voluto con forza come sperimentazione unica in Europa. Con questo strumento abbiamo creato una certificazione etica del lavoro agricolo e costruito una cabina di regia che mette insieme Inps, sindacati, organizzazioni agricole e Istituzioni. Sono convinto si possa arrivare a una rapida approvazione in Parlamento, considerata la grande sensibilità che c’è sul tema e l’importanza dell’intervento che proponiamo.” Queste le parole del Ministro delle politiche agricole e forestali Maurizio Martina, dopo l’approvazione del disegno di legge all’interno del Consiglio dei ministri dello scorso 13 novembre. Oggi, a distanza di un anno circa, dopo l’approvazione alla Camera di pochi giorni fa, tale disegno di legge potrà esplicare appieno i suoi effetti, a partire dal giorno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

COSA PREVEDE IL TESTO DI LEGGE?

“La presente iniziativa legislativa mira a garantire una complessiva e maggiore efficacia dell’azione di contrasto, partendo dall’attenzione al versante dell’illecita accumulazione di ricchezza da parte di chi sfrutta i lavoratori all’evidente fine di profitto, in violazione delle più elementari norme poste a presidio della sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché dei diritti fondamentali della persona.”
Analizzando singolarmente i vari articoli (nove) di cui è composto il testo legislativo, scopriamo una legge che apporta modifiche importanti al codice penale e introduce norme rigide per contrastare il delitto del caporalato.
Innanzitutto è previsto l’
arresto in flagranza, ovvero “viene esteso l’arresto obbligatorio anche al delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro per il quale sino ad oggi era applicabile l’arresto facoltativo, all’evidente fine di rafforzare gli strumenti di natura precautelare.”
È previsto un aumento della pena carceraria fino ai 6 anni, che può essere estesa, dai 5 agli 8 anni, in caso di violenze o abusi subiti dai lavoratori sfruttati.
Inoltre, viene anche introdotta la
responsabilità amministrativa degli enti “per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, ad esempio nei confronti delle società, aziende o imprese che abbiano commesso tali reati.
A norma dell’articolo 3 è prevista la
confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto”.
I beni, quindi, verranno confiscati proprio come quelli sequestrati alle associazioni mafiose, per poi essere reintegrati nuovamente all’interno della società.
Per la prima volta, viene prevista una forma di
risarcimento estendendo le risorse del Fondo anti tratta, dato che spesso le vittime del caporalato coincidono con quelle della tratta. A capo di tale fondo c’è la Piattaforma nazionale anti tratta, essa “riconosce come propria finalità la tutela delle persone vittime di tratta e di grave sfruttamento e il contrasto di ogni forma di traffico di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale, lavorativo, per accattonaggio, per il coinvolgimento coatto in attività illegali.”

Tornando al testo legislativo, le disposizioni dell’articolo 6 enunciano un cambiamento all’interno della Rete del lavoro agricolo di qualità. Tale ente è un organismo autonomo “nato per rafforzare le iniziative di contrasto dei fenomeni di irregolarità che caratterizzano le condizioni di lavoro nel settore agricolo.”
Con questa nuova legge, si è estesa la categoria degli enti che possono registrarsi alla Rete. Infatti possono accedervi anche “gli sportelli unici per l’immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l’impiego, gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura”. Inoltre, sempre secondo le disposizioni presenti nell’articolo 6, è prevista l’esclusione dalla Rete a determinati soggetti che abbiano alcune condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, contro l’economia pubblica, l’industria, il commercio.
Dopo anni di lotte da parte delle associazioni umanitarie, dell’antimafia, dei sindacati e degli stessi lavoratori, si è giunti a una legge che punisce con pene più severe questo odioso reato. L’intento è quello di prevenire che gli “imprenditori” rurali locali, continuino a sfruttare la manodopera a basso costo dei migranti, costretti a sottostare a certe condizioni e a subire spesso e volentieri violenze fisiche, per poter avere una minima fonte di sostentamento.

Youssef Hassan Holgado

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