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Evros, il fiume della disperazione

Per salvare la Grecia dal pericolo causato dagli immigrati, dobbiamo sbarrare gli ingressi nel paese servendoci di campi minati al confine con la Turchia, lungo il fiume Evros, nei punti che registrano i maggiori passaggi di clandestini.”

Nikólaos Michaloliákos, citato in Chrysi Avghi.Preoccupa in Grecia il partito neonazista, ticinolive.ch, 8 giugno 2012.

IL MURO DELLA XENOFOBIA

Se esiste una frase che può condensare, da sola, il razzismo, la xenofobia e la stupidità nello stesso momento, la sopra citata “massima” del leader del partito greco di Estrema Destra, Alba Dorata, parla da sola. D’altronde, se un povero idiota come il già citato Michaloliàikos nega il massacro dell’olocausto ed eleva Adolf Hitler a guida morale qualsiasi dubbio sulla sua demenza incontrollabile svanisce di colpo. Perché perdere tempo a citare e riprendere le abnormi castronerie che un probabile minorato ha la sfrontatezza di dichiarare in un Paese che è stato e rimane testimone della nascita della nostra civiltà, nazione che nonostante le sue mille difficoltà resta un modello di antica saggezza ed eloquenza? Perché è il muro della stupidità la prima barriera da abbattere. Quei campi minati che questo “genio” avrebbe voluto creare, infatti, sarebbero posti in una zona nevralgica e “calda”, cerniera di divisione fra mondo occidentale e mondo orientale, fra culture che hanno una bellezza immane allo stesso modo ma, quando si incontrano, non di rado vengono a cozzare. Sempre, ovviamente, per il già ampiamente evidenziato muro di stupidità. 

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La frattura diviene ancora più evidente quando l’incontro fra culture diverse si trasforma, purtroppo, in un incontro fra due diverse, ma complementari, forme di povertà e disperazione. La zona di frontiera rappresentata dal fiume Evros, infatti, è l’avamposto di una fiumana di persone, di disperati che non sono più persone, che nella fuga dal loro paese e dal loro passato vivono quotidianamente la cancellazione della propria identità e della propria dignità. Per chi non lo sapesse, come abbiamo ampiamente avuto modo di introdurre, l’Evros è un fiume, confine naturale lungo 160 chilometri, che separa la Grecia dalla Turchia e l’Europa dall’Asia. Dal 2007 è diventato uno dei corridoi, delle lingue di fuoco verso cui si spingono più di un centinaio di migranti al giorno, dati letteralmente in pasto agli “agenti”, i contrabbandieri di vite umane, che lucrano senza scrupolo sulle speranze di un’esistenza sostenibile da parte di questo Niagara di derelitti.

IL CAMMINO DELLA “SPERANZA”

Migliaia e migliaia di persone, dunque, si sono lanciate in questo cammino via terra. Si calcola, secondo i dati Frontex, che le cifre si aggirino intorno alle 50 mila unità all’anno che cercano il passaggio ad Occidente. Ovviamente non solo Alba Dorata si è fatta portavoce del blocco della cosiddetta “invasione”, sebbene se ne sia fatta decisamente un’accanita portavoce. L’Unione Europea, infatti, si è decisamente schierata (ma questa non è una novità) per un’animata resistenza al fenomeno, assecondando, tacitamente o meno, la politica del respingimento. Atene, nel 2011, aveva infatti annunciato la costruzione di un muro di 12 chilometri e mezzo lungo il confine con la Turchia, che passasse lungo l’Evros. Un’insensatezza palese, ovviamente. Eppure la costruzione di questo fossato della morte c’è stata o, quantomeno, in parte: sono stati consegnati ad Agosto 2011 i primi 15 km di questa fatidica impresa. Poi, forse, tra la crisi e qualche spesa pazza di troppo il progetto, oltre che da imbecilli, è diventato anche troppo dispendioso, venendo modificato in una doppia barriera di reticolato e filo spinato. L’Europa, dal canto suo aveva immediatamente messo in campo plausi e soddisfazione nei confronti dell’empia opera. Questa impressionante barriera venefica, nonostante l’accantonamento del progetto originale, è rimasta in piedi. Dunque lungo questo confine non si passa più: vige la rigida politica del fermo, e negli ultimi anni i migranti bloccati sono aumentati a dismisura. Se nel 2013 le persone fermate al confine si attestavano ai 455, da gennaio a luglio 2014 hanno raggiunto quota 748, segnando un incremento del 64,4%. Non di rado queste persone bloccate vivono la detenzione nei CIE (centri d’identificazione-espulsione) in modo disumano prima di essere rispedite a calci nel paese d’origine. Anche l’Italia, sotto questo punto di vista, non può permettersi di dare lezioni di civiltà. Il futuro resta, come sempre in queste situazioni, incerto. Il governo di Alexis Tsipras, nonostante al momento sia attanagliato da una quantità di problematiche difficilmente immaginabili tutte nello stesso contesto, se riuscisse a sopravvivere all’Inferno attuale potrebbe dare un segnale positivo anche in questo senso. Quell’accozzaglia di filo spinato e pali, al momento, è ancora saldamente inchiodata al suo posto. Il cammino della speranza dei migranti si è interrotto sul fiume Evros.

Simone Bellitto

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