Il canovaccio è sempre quello delle manifestazioni studentesche: cortei, slogan, probabili scontri con la polizia, ma non sempre il teatro dello scontro è uguale a quello che siamo abituati a vedere nelle nostre piazze, come per esempio le proteste delle scorse ore contro le riforme del governo Renzi.
Ci sono dei paesi, come il Messico, nei quali perdere una giornata di scuola e scendere in strada e protestare può costarti la vita. Quello che è accaduto nei giorni scorsi, e sta tuttora accadendo nella terra che fu di Emiliano Zapata, è una dei più gravi colpi inferti ai diritti civili in America latina dai tempi di Pinochet.
Torniamo indietro di qualche giorno. E’ venerdì 26 settembre, mentre il mondo è impegnato ad assistere alla nascita a Hong Kong dell’ennesima “rivoluzione colorata”, in Messico, a Iguala, città nello Stato di Guerrero gli studenti della Escuela Normal Rural de Ayotzinapa scendono in strada contro la riforma scolastica più volte minacciata dal governo messicano e che avrebbe come obiettivo anche la chiusura dell’istituto tecnico fondato da Lázaro Cárdenas del Río. La riforma scolastica mirerebbe inoltre, secondo gli studenti, a discriminare gli istituti scolastici delle campagne in favore di quelli delle città.
La giornata scelta per lo sciopero serve inoltre a commemorare l’anniversario di un’altra strage, quella avvenuta nel quartiere di Tlatelolco nel 1968, nella quale oltre 300 giovani vennero uccisi dai reparti speciali dell’esercito e della polizia, a pochi giorni dalla cerimonia d’inaugurazione delle Olimpiadi di Città del Messico.
Quello che gli studenti di Ayotzinapa non sanno, e che avrebbero scoperto soltanto pochi istanti dopo, è che anch’essi avrebbero fatto la stessa fine. Iniziata la manifestazione, infatti, la polizia locale inizia a far fuoco sui civili, uccidendo due studenti, due giocatori di football all’interno di un autobus che transitava in zona e altre due persone all’interno di un taxi.
Il bilancio alla fine della giornata si chiude con 43 dispersi e 6 vittime.
Sarà palese a tutti soltanto la settimana successiva lo sconcertante epilogo della storia: ventotto sono i corpi carbonizzati ritrovati nei pressi di Iguala, in diverse fosse comuni. Due criminali della zona, facenti parte dei Guerreros Unidos, un grosso gruppo di narcotrafficanti, avrebbero rivendicato l’omicidio di 17 studenti dopo il ritrovamento dei cadaveri.
L’impressione è che sia stata proprio la polizia municipale con l’aiuto delle bande di narcotrafficanti presenti nella zona a commettere la strage. Attualmente, l’esercito messicano ha assunto, sotto l’ordine del presidente del Messico, il controllo della città, dopo la fuga del sindaco di Iguala José Luis Abarca Velázquez. Circa trenta sarebbero gli arresti tra i quali figurano gli agenti della polizia di Iguala e una decina di narcotrafficanti.
È stata aperta un’indagine dalla commissione nazionale per i diritti umani per possibili gravi abusi di diritti umani.
Sebastiano Cugnata
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