Ospite dell’incontro del 19 Luglio a Ragusa sarà Luciano Mirone, giornalista e scrittore catanese. Già autore de “Gli Insabbiati” e di “A Palermo per morire”, esce in libreria il suo ultimo libro sul caso di Attilio Manca, “Un suicidio di Mafia” (Ed. Castelvecchi). Lo abbiamo raggiunto al telefono per fargli delle domande nella speranza di invogliarti (tu che mi leggi) a venire, Sabato 19 Luglio, alle ore 20,30 a Ragusa Ibla, per ascoltare da Luciano Mirone stesso il risultato del suo lavoro, in modo da diradare la nebbia che avvolge il caso di Attilio Manca.
Chi è stato Attilio Manca?
Attilio Manca era un medico, un luminare in campo urologico malgrado la giovane età (34 anni). Si era laureato con il massimo dei voti all’Università Cattolica di Roma e si era specializzato in Francia. E’ stato il primo chirurgo italiano ad operare il cancro alla prostata con il sistema laparoscopico (2002) insieme a Gerardo Ronzoni , primario di Urologia al Gemelli di Roma.
Cosa lo legava a Bernardo Provenzano?
Non ci sono prove che legano la morte di Attilio Manca all’operazione di tumore alla prostata subita da Provenzano nel 2003, ma ci sono degli indizi molto seri: nell’autunno del 2003, Provenzano, sotto falso nome, si fece operare in Francia, a Marsiglia, con lo stesso metodo laparoscopico introdotto in Italia un anno prima dallo stesso Attilio Manca.
Nei giorni in cui Provenzano si operava in Francia, Manca telefonò a casa, dicendo ai familiari di essere nel Sud della Francia “per assistere ad un intervento chirurgico”.
Dopo la sua morte, i parenti richiesero ai magistrati l’acquisizione dei tabulati telefonici relativi a quel periodo. La Procura di Viterbo non ritenne di chiedere quei tabulati alle compagnie telefoniche. Risultato: quei documenti importanti, dai quali si sarebbero potuti desumere gli eventuali movimenti di Attilio in terra francese, sono stati distrutti dopo 5 anni, come prevede la legge.
Un altro elemento è da considerare: Salvatore Gava, noto alle cronache per aver falsificato un verbale sui fatti della Diaz, durante il G8 di Genova del 2001 (scrisse sul verbale che i ragazzi dentro la palestra avevano introdotto spranghe di ferro e molotov, in modo da giustificare il massacro delle forze dell’ordine, ndr) e che è stato condannato a 5 anni di interdizione dei pubblici uffici, 3 anni dopo i fatti di Genova (nel 2004, ndr) indaga a Viterbo sul caso di Attilio Manca. In un verbale, da lui redatto, asserisce che l’urologo non si era mai assentato dal posto di lavoro nel periodo in cui Provenzano si operava a Marsiglia. Qualche tempo dopo, una troupe del programma televisivo “Chi l’ha visto?”, scopre che Attilio Manca era mancato dall’Ospedale di Viterbo (dove prestava servizio al tempo dei fatti) proprio nei 3 giorni in cui Provenzano era sotto i ferri, in Francia.
Come morì Attilio Manca secondo gli inquirenti? Come morì secondo lei?
Fu un’overdose ad ucciderlo, nel suo sangue furono trovate notevoli tracce di eroina mista ad alcool e tranquillanti.
Ora, bisogna comprendere una cosa: uno dei pericoli più grandi per un giornalista è quello di innamorarsi di una tesi e crederci fino in fondo. Personalmente, non ho voluto sposare alcuna tesi: né quella del suicidio né quella dell’omicidio. Mi sono limitato a raccontare i fatti. Mi sono trovato di fronte ad una serie impressionante di omissioni e di falsificazioni al limite “dell’insabbiamento”, come dice Antonio Ingroia. Perché Salvatore Gava ha redatto quel verbale asserendo il falso? Perché la Procura di Viterbo non ha controllato i tabulati telefonici dell’autunno del 2003? Sia i magistrati che la Polizia di Viterbo si sono sovra esposti per non far luce su questo caso. Per un suicidio da overdose? Troppa sproporzione. Di solito, quando degli inquirenti si espongono in questo modo, il motivo non è banale. Alla base c’è sempre un movente grosso.
Altro esempio: i magistrati laziali non hanno nemmeno ordinato il rilievo delle impronte digitali sulle siringhe trovate vicine al corpo di Attilio Manca. Solo dopo 8 anni hanno fatto i rilievi e non è stato trovato nulla, nessuna impronta. Nemmeno quelle di Manca. Questo vuol dire che non ci sono prove che a bucarsi, quella sera dell’11 febbraio 2004, fosse stato Attilio Manca. Ma ancor oggi, gli inquirenti stanno cercando ostinatamente di farci credere questo. La Procura ha dichiarato la “volontaria inoculazione” dell’eroina, ma non sono stati trovati altri buchi su tutto il corpo, tranne quei 2 rinvenuti durante l’autopsia. Da questo si evince che Attilio Manca non era un tossicodipendente. Inoltre, i buchi erano nel braccio sinistro, peccato che il medico era mancino. Nell’appartamento non c’erano nemmeno il laccio emostatico, il cucchiaio sciogli eroina, l’involucro che conteneva la sostanza stupefacente. Le siringhe avevano persino il tappo salva–ago inserito.
Dunque, per la Procura, il Dott. Attilio Manca si sarebbe iniettato la dose di eroina, avrebbe lavato il cucchiaio, rimesso il tappo alle siringhe, sarebbe poi sceso giù per buttare nel cassonetto dell’immondizia il laccio emostatico e l’involucro (nella pattumiera di casa non è stato trovato niente) e risalito al suo appartamento per morire.
Come definirebbe l’operato della Procura di Viterbo sul caso?
Ha lavorato in maniera scandalosa. Ne dovrebbe rendere conto al Paese: ha tirato le somme di un suicidio senza alcuna prova, basta vedere le foto del corpo di Attilio Manca. Il volto coperto di sangue, le labbra gonfie, i testicoli enormi e coperti di ecchimosi: segni evidenti di una colluttazione.
Prima lei citava Antonio Ingroia, il quale parla di un “insabbiamento” della questione: volendo credergli quale sarebbe lo scopo di nascondere la verità?
Se questa storia porta a Provenzano è lo stesso motivo per il quale si fa di tutto per non parlare del processo sulla Trattativa: basti pensare a Napolitano che fa distruggere le intercettazioni ed a Scalfari, fondatore di “Repubblica”, il quale scrive che una trattativa ci può pure stare, e la storia lo insegna. Il tutto corroborato dalla tesi di Fiandaca, secondo cui la Trattativa è giustificata dallo stato di necessità.
Sappiamo tutto dalle tv dei retroscena dei casi di cronaca privata (il caso di Yara Gambirasio, di Garlasco, di Cogne, ecc), ma nulla sul caso Manca. Noto che non c’è nemmeno la voglia, da parte dei giornalisti, di scuotere l’opinione pubblica.
È un caso che si vuole cercare di nascondere perché sotto c’è qualcosa di grosso, ne sono convinto.
Simone Lo Presti
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