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Cristian D’Alessandro – Il racconto di un ritorno

“Ci siamo, ce l’abbiamo fatta. Sarò per sempre grato ai milioni di persone nel mondo che ci hanno sostenuto in questi mesi. E’ strano pensare che in qualche modo è stata una grande esperienza: di sicuro ha cambiato le nostre vite. Alla Gazprom, alla Shell e a tutte le compagnie che intendono perforare l’Artico in cerca di petrolio possiamo dire che la campagna di Greenpeace non si ferma qui, e non si fermerà fino a quando questo ecosistema così fragile, e così importante per il clima terrestre, non sarà protetto.”

Cristian D’Alessandro

Il racconto di un ritorno

Amnistia. Ritorno a casa. Cala il sipario nel migliore dei modi, una volta tanto, sull’incresciosa vicenda che ha riguardato Cristian D’Alessandro, l’attivista di Greenpeace arrestato in Russia assieme ad altri attivisti dell’associazione ecologista nella vicenda nota come il caso degli Arctic 30. Una vicenda finalmente chiusa con la scarcerazione, l’amnistia e il ritorno in patria da parte degli attivisti coinvolti, compreso il nostro conterraneo, provati dai duri mesi di prigionia in terra russa. D’Alessandro ha finalmente rimesso piede in patria il 27 dicembre scorso, ritornando nella sua amata e martoriata Napoli che l’ha accolto a braccia aperte, come un esule di guerra finalmente tornato alle proprie dimore. La madre, Raffaella Ruggiero, che finalmente può riabbracciare il figlio dopo la lunga segregazione, ha espresso tutta la sua gioia per la notizia appena ricevuta in un’intervista rilasciata il Natale scorso. Il nostro attivista è stato al centro dell’ondata di amnistia che, più volta alla retorica e al consenso che a una presunta umanità, ha coinvolto di recente anche la band punk delle Pussy Riot. La Duma ha voluto così “festeggiare” i venti anni della costituzione russa. Al di là, però, del chiaro intento politico mistificatorio da parte dell’establishment post-sovietico, la cosa più importante, allo stato attuale, è che trenta attivisti siano oramai fuori pericolo.

La storia continua

Cristian e Greenpeace, come abbiamo appreso dalle dichiarazioni al ritorno in Italia, non si arrenderanno. L’ambientalismo di tutto il mondo ha oramai dichiarato la sua guerra: lotta senza quartiere alle trivellazioni della Gazprom che rischiano di mettere a serio rischio e pericolo l’intero ecosistema terrestre. La scarcerazione e l’amnistia, purtroppo, non rappresentano l’atto finale di questa tragedia ambientale immane. La liberazione degli attivisti, un grande risultato per le famiglie che hanno trattenuto il fiato per tutto questo tempo per la sorte dei loro consanguinei, non può contrapporsi da effetto placebo ai mali causati dalle compagnie petrolifere alla nostra costernata Madre Terra. È inevitabile che questo confitto si inasprisca e si opponga in difesa di un ecosistema sempre più succube della follia umana. Basti pensare a Henry David Thoreau, che già più di un secolo fa denunciava l’arroganza dell’essere umano dicendo: “Ai nostri giorni quasi ogni cosiddetto miglioramento cui l’uomo possa por mano, come la costruzione di case e l’abbattimento di foreste e alberi secolari, perverte in modo irrimediabile il paesaggio e lo rende sempre più addomesticato e banale”. Nel corso dei secoli, trivelle e macchinari aberranti hanno preso posto delle mani umane che costruivano e disfacevano a loro piacimento. L’effetto non è cambiato, anzi, tutto sembra presupporre che ci si stia incamminando sempre più in una valle di lacrime. Anche per questo gli attivisti non smetteranno mai di far udire la propria voce a un’umanità sempre più disinteressata alle sorti del pianeta Terra. La storia continua, dunque.

Simone Bellitto    

 

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