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Razzisti a Sud

Razzismo online

La questione dei migranti e dell’integrazione, una volta, infiammava in particolare le bandiere verdi del nord, quella terra produttiva che tante braccia meridionali aveva accolto. Forse poiché un tempo eravamo stati terroni e gastarbeiter, noi, la “gente di giù”, non avremmo dovuto conoscere la xenofobia: almeno così diceva il senso comune. Eppure così non è stato. Vuoi che non ci fosse stata occasione di sperimentare a fondo la convivenza con uno straripante numero di persone venute dal Sud del mondo (quando non anche dall’Est d’Europa), vuoi che non ci fossero stati di mezzo vent’anni di Studio Aperto, una volta si faceva fatica a considerare i meridionali razzisti e i Siciliani meno che mai, quasi la nostra cultura dell’accoglienza non potesse essere intaccata da nulla. «Noi c’abbiamo l’ospitalità greca» diceva qualcuno.
La Sicilia, che è quasi tutta frontiera d’Europa e porta del Mediterraneo, vedeva le sue strade popolate dagli stranieri, perlopiù venditori ambulanti o manovalanza agricola. Certo, non bisogna generalizzare, ma il senso comune andava verso l’integrazione: qua e là si spolverava la mai morta idea che noi siamo Arabi e Normanni, che tanti di noi somigliano più ad uno di Tunisi che ad uno di Roma. Ma forse erano solo chiacchiere.
Oggi le cose non vanno più così. Il metro di valutazione di questa situazione è quella del chiacchiericcio da bar. «C’hana sparari(gli devono sparare)!» dice un signore, prendendo come esempio un favoleggiato metodo maltese (favola incoerente sui respingimenti), nella stessa lingua in cui si sono espressi i suoi parenti partiti per le Americhe il secolo scorso, mentre qualcun altro racconta dei soldi (dai 20 ai 30 euro), le ricariche telefoniche e le sigarette che questi neri arroganti scippano dalle nostre tasche. Ribatte, sempre, in questi casi, una pietà sbracciata e consapevole dei propri limiti, di forte ispirazione cattolica. Ad una più attenta analisi, la pietà ha la peggio, agonizzando in frasi fatte: «Mischini (Poverini)», «Mentri mi fanu pena (Mentre mi fanno pena)», etc. Va in onda tutto il calvario della coscienza, ma inutilmente. Non importa il luogo o le forme: la sostanza è sempre questa, un teatrino che va ripetendosi, goffo. Ogni tanto qualcuno cerca di mettere in chiaro un dato, un fatto, ma perde.
Su facebook, in barba all’italiano scritto, alle buone pratiche e alla pazienza, vanno in onda le peggiori serie di cattiverie. Qualsiasi informazione è buona, specie se viene dall’autorevole “Tutti i crimini degli immigrati” o “Signoraggio.it”. L’avversario della tesi degli autorevoli organi di informazione è sempre buonista, perbenista rompiscatole o radical-chic, anche se lavora da vent’anni nel comparto, anche se porta dati e tesi. Per dovere di cronaca, le valutazioni affrettate non mancano neppure dall’altra parte, a volte. Regna la brodaglia dell’uguaglianza a tutti i costi, quel lascito sciancato del ’68, quel malinteso per cui, siccome siamo tutti uguali, anche l’opinione dell’inesperto e dello sciocco valgono quanto una laurea o conoscenze pregresse. Una sorta di paradosso per cui i redneck del web inneggiano allo stesso ordine che dovrebbe sconfessare la loro libertà, anzi, la loro licenza di parola.

Pozzallo: un’aggressione diventa violenza sessuale

A volte la colpa è del giornalismo, che non riflette per niente, che è irresponsabile e poi, magari corre ai ripari. Il solito giornalismo che insegue qualche mipiace o un tweet. O la pratica diffusa di rielaborare comunicati stampa, invece di fare un pezzo alla vecchia maniera. Le conseguenze sono comunque tremende.
Un’aggressione a danno di un ragazzo e di una ragazza, tutta da accertare, diventa su un organo di informazione online abbastanza frequentato una “Violenza sessuale e rapina, a Pozzallo l’incubo di una coppia di fidanzati”, quando altrove  si presentava “Giovane coppia aggredita da 4 extracomunitari”. Non si può dire certo che il sito in questione sia un sito razzista, visto anche che proprio lo stesso aveva raccontato l’indifferenza di un soggetto che faceva jogging vicino ai cadaveri dei 13 clandestini di Sampieri, infischiandosene della possibilità di prestare soccorso. Ma in una città che è diventata una polveriera, basta poco a far saltare i nervi e le cose possono sfuggire di mano.

Allettante suggerimento sulla gestione dei migranti subito dopo l'aggressione
Allettante suggerimento sulla gestione dei migranti subito dopo l’aggressione

Il centro di Pozzallo è già noto alle cronache, anche e soprattutto per il suo sovraffollamento e per il rapporto tra la cittadinanza e gli ospiti. Nell’ottobre scorso Khalid Chaouki (Pd) lo aveva definito il “campo dei pestaggi”. mandiamoli a casaQuando la notizia dell’aggressione è scoppiata, la macchina è partita e i toni si sono alzati. “Il tradizionale, civile spirito di accoglienza dei pozzallesi, viene messo quotidianamente a dura prova da comportamenti a volte altezzosi, spesso al limite del lecito. Si sa bene che gli immigrati portano con sé il loro dramma e che quindi non sono sereni ed hanno bisogno della massima comprensione, peraltro ampiamente loro assicurata. Ma vederli sostare a lungo e vederli aumentare di numero, crea disagi di ogni tipo, compreso quello di alterare i rapporti con la popolazione ospitante”: così il comunicato di solidarietà da parte dei Forconi al sindaco di Pozzallo. Il quale ha minacciato dimissioni in una conferenza stampa, vista l’impossibilità di affrontare l’emergenza: per Ammatuna, Pozzallo è stata abbandonata dalle autorità competenti. Il prefetto risponde al sindaco: Pozzallo non è stata abbandonata e, dato importante, sembra che gli aggressori non sarebbero appartenenti al centro. E qua già s’insinua un primo dubbio. Nel frattempo, però, i neofascisti di Forza Nuova hanno colto la palla al balzo e preparano una manifestazione per il 16 novembre: contro lo “spadroneggiare di ospiti a cui si è tesa una mano solidale per essere  ricambiati con il disprezzo, l’oltraggio, la molestia sessuale che rischia di degenerare in violenza”. In particolare, val la pena citare questo passo del comunicato: “Intendiamo opporci all’idea buonista che, anche di fronte alle numerose prove contrarie, si ostina a vedere nell’immigrazione una risorsa. Iniziamo a riprenderci la città!”. Più concretamente, due deputate M5S sono andate a far visita al centro, evidenziando quali possano essere i bisogni degli ospiti e denunciano di fatto la loro condizione.
La situazione di malassere è generale: i cittadini lamentano la mancanza di controlli e, quindi, di sacrosanta tutela delle regole; dall’altra parte, i migranti spariscono, vivono male la loro condizione e sono di certo in uno stato peggiore dei pozzallesi.

Giulio Pitroso

5 Comments

  1. agatino giuffrè agatino giuffrè 18/11/2013

    il razzismo è il risultato della stupidità e della ignoranza dell’uomo. Esso è fondata dalla paura incontrollata del “diverso” come razza, cultura e religione. Risultato dunque della rozzezza dell’uomo incolto….

  2. Alessandro Alessandro 20/11/2013

    Non si tratta di razzismo…aprite bene gli ochhi e vedete che le realta’sono diverse.Vengono tutti qui e fanno quel cavolo che vogliono (ovviamente parlo di criminali)..comandano nei quartieri,ti chiedono soldi,ti derubano,microcriminalita’…e addirittura si vogliono togliere i simboli religiosi dalle scuole e dai luoghi pubblici per “abbattere le barriere” e non offendere i nostri ospiti…se noi esigessimo questo nei loro paesi ci scannerebbero come vacche!!Ma non mi fate ridere.

  3. Giuseppe Giuseppe 20/11/2013

    Se la gente e’ stanca e non si sente sicura significa che ci sono dei motivi..non e’xenofobia !!Fatto sta’che ci stanno cacciando via di casa e pretendono la loro cultura qui.Ma che cazzo dite…si devono adattare alla nostra cultura,integrarsi e rispettare le leggi..se no’a calci in culo.

  4. Marzia Marzia 20/11/2013

    In realtà la questione sui simboli religiosi, sollevata dinanzi alla CEDU da una cittadina italiana, non aveva nulla a che fare con il fenomeno migratorio. La questione, infatti, riguardava il diritto dei genitori di tutelare la libertà religiosa dei propri figli, educandoli secondo convinzioni proprie, avulse da uno specifico credo. Cosa che non dovrebbe lasciarci basiti, dal momento che il nostro è uno Stato laico. Non credo, poi, che sia giusto generalizzare. Non dobbiamo dimenticare che noi per primi siamo un popolo di emigranti, specie dal meridione d’Italia, con cifre ancora oggi molto alte. Ci rubano il lavoro? Siamo proprio sicuri che il sedicenne medio di oggi, munito di Minicar, o il trentenne fuoricorso, andrebbero volentieri a lavorare nelle serre al posto loro? Siamo certi che gli italiani non delinquono mai? Smettiamola, una buona volta, di scaricare sugli altri la responsabilità della crisi perenne in cui si trova il nostro paese, specie quando si tratta di povera gente che si avventura a rischio della propria vita sperando in un’esistenza migliore.

  5. Giulio Pitroso Giulio Pitroso 26/11/2013

    “Regna la brodaglia dell’uguaglianza a tutti i costi, quel lascito sciancato del ’68, quel malinteso per cui, siccome siamo tutti uguali, anche l’opinione dell’inesperto e dello sciocco valgono quanto una laurea o conoscenze pregresse. Una sorta di paradosso per cui i redneck del web inneggiano allo stesso ordine che dovrebbe sconfessare la loro libertà, anzi, la loro licenza di parola”.
    Forse non sono stato abbastanza chiaro. Mi piacerebbe sapere che studi e che competenze o esperienze hanno i signori che commentano così liberamente e su quale scala si possono dire maggiormente edotti in materia rispetto a me.
    Dalla violenza che fanno alla lingua italiana e dalle splendide espressioni, mi pare che farebbero meglio a tornare sui libri o a portare rispetto a chi sui libri ha passato la vita, mentre la stragrande maggioranza dei loro coetanei si ingrassava con il posto pubblico e gli stipendi da favola, la pensione e tutto il resto, cose che la Generazione Zero non avrà mai.

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