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Lavorare per morire

“Un tempo […] i portuali usavano liberare un cardellino per controllare le condizioni di sicurezza. Oggi, in tempi di competizione selvaggia, un uomo vale meno di un cardellino.”

(Marco Rovelli, Lavorare Uccide)

 

Lavoro

Il lavoro nobilita l’uomo. È quella cosa che dà dignità alla vita di un essere umano. Una volta che se ne va via il lavoro, subentra la disperazione, la rassegnazione, la violenza. Norman Zarcone si lanciò nel vuoto per la mancanza di una prospettiva. Una volta sparita la prospettiva, manca il futuro. La possibilità di creare una famiglia, un rifugio sicuro lontano dalla tempesta. Senza lavoro si muore. La domanda lecita a questo punto sarebbe: è tutto oro quel che luccica? Basta il posto di lavoro a rendere una vita dignitosa? La risposta è inequivocabilmente negativa. Lavoro non è sempre sinonimo di stabilità. Soprattutto, lavoro non è sempre sinonimo di SICUREZZA. Il fenomeno delle morti bianche sul lavoro è raccapricciante, un autentico bollettino di guerra nei suoi numeri.

Morte

Il 2013 non è meno crudele degli anni passati. Nel nostro viaggio a ritroso l’ultimo nome sulla lista delle morti da lavoro è di un operaio albanese di 36 anni, a Cernuscolo sul Naviglio (Milano), volato da un’impalcatura che si è improvvisamente sbriciolata. I morti documentati dall’inizio dell’anno sono arrivati a quota 200, cadavere più, cadavere meno. I morti sul taccuino si stanno lentamente trasformando in numeri, come quei morti senza nome dei quali, in guerra, non importa a nessuno. La cronaca è impietosa. Nel solo mese di aprile a morire sotto la mannaia del lavoro senza alcun rispetto per le norme di sicurezza sono in 51. Una strage. In un solo giorno, giovedì 9 maggio, a esalare l’ultimo respiro sono stati in 8, decessi avvenuti in lungo e il largo per l’Italia, da Viterbo a Chieti, da Alessandria a Gorizia. La morte è incredibilmente democratica. Non sempre però. A perire sono soprattutto operai, contadini, elettricisti. Uomini che compiono un lavoro duro, pesante e, talora, rischioso e terribilmente sottopagato e mal protetto. Una volta, la saggezza popolare suggeriva: o si lavora o si muore. Adesso, fra lavorare o morire non sembra più esserci una grandissima differenza.

Simone Bellitto     

 

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