La mafia che si Lega
“La mafia qui non c’è”. Lo si diceva spesso, in quelle zone cuscinetto dove non c’erano sparatorie. Al nord, come al centro e, in Sicilia, sugli Iblei; ma, soprattutto, al nord. Nello specifico, ci volle l’autorevolezza di Saviano per poter dire a viso aperto che cosa stava succedendo oltre la linea Gotica; perché quello che succedeva, e che era successo, lo sapevano già in molti, ma non si poteva dire ad alta voce sulla tv pubblica; figuriamoci su quella privata. Eppure non bastò a Bobo Maroni che, oltre a fare il Ministro dell’Interno, era contemporaneamente tra i capi della Lega, quella che dice (o diceva) “Tolleranza Zero“. E di tolleranza poco se ne poteva avere per un’idea così balzana come quella della mafia che si lega – è il caso di dirlo – al ceto politico del nord, con quello del partito di Bobo. Si scoprì, poi, a distanza di quasi due anni che, secondo gli inquirenti, il tesoriere della Lega, tale Belsito, intratteneva rapporti con elementi del clan De Stefano.
A scoperchiare con incidenza l’assetto delle ‘ndrine al nord è stata forse l’inchiesta “Minotauro” di Caselli. Mentre, sul fronte dell’attività giornalistica, a fare un quadro completo della situazione, a battere dove il dente duole, è stato Giovanni Tizian, con il suo “Gotica”.
In questi giorni viene fuori che, attorno all’assessore regionale lombardo Domenico Zambetti, arrestato il 10 ottobre, ruotava un sistema di legami, che arrivavano, come si potrebbe dedurre dalle intercettazioni, finanche all’uso di forza-lavoro per fini politici da parte di mafiosi. Nella fattispecie, il clan Costantino avrebbe assicurato contromisure a favore di Nicole Minetti e contro i suoi contestatori, durante una manifestazione a Sedriano.
Le città sotto assedio
Il comune sciolto per mafia del momento è Reggio, tanto per ritornare sulle ‘ndrine. La specifica è d’obbligo: Reggio Calabria, nell’esotico luogo d’origine di questo apparato mafioso. I mafiosi avrebbero cercato di infiltrarsi nella municipalizzata Multiservizi, come ha rivelato l’indagine Astrea nel novembre 2011. Il Ministero degli Interni è intervenuto in materia, precisando, però, che lo scioglimento è avvenuto per contiguità e non per infiltrazione.
Per ‘Ndrangheta era toccata simile sorte a Leinì, in provincia di Torino, quando un folto gruppo di comuni, ben 7, vennero sciolti nel marzo del 2012. Tra questi, Salemi, roccaforte della vecchia Dc, il cui sindaco Sgarbi aveva detto – tra le altre cose – che i mafiosi non fanno pagare il pizzo. Il fatto, avvenuto durante il Taormina Film Festival del 2011, aveva trovato una voce di contestazione in Antonio Mazzeo. Racalmuto, la cittadina che diede i natali a Sciascia, è del numero: la terra dei Di Gati e dei Gagliardo. Questi seguivano, due altri scioglimenti: quello di Bordighera, 10 marzo 2011, e quello di Ventimiglia, il 3 febbraio 2012.
Se questi centri, più o meno periferici, sono stati oggetto di tanta attenzione, quasi tutte le grandi città conoscono un momento di indagine, specie nei confronti delle amministrazioni e del ceto politico. Si guardi il caso, come detto sopra, di Milano, come anche quello di del ceto politico e imprenditoriale siciliano, e di Catania e di Palermo, coinvolti – solo per citarne uno – nel processo Iblis. Si guardi il caso di Fiorito e Roma, nel Lazio, dove vogliamo pensare che convivano senza connettersi le cattive pratiche scoperte in questi giorni e un’organizzazione criminale aggressiva e primitiva, capace di intimidire barbaramente a più riprese il presidio Libera a Borgo Sabotino.
Giulio Pitroso
[…] che il problema mafioso fosse un problema solo siciliano o calabrese o campano. Guai a dire che la mafia è anche a Milano e a Torino. E mentre il piombo e il tritolo spezzavano vite “giù”, “sopra” si guardava la tv e si […]
[…] che il problema mafioso fosse un problema solo siciliano o calabrese o campano. Guai a dire che la mafia è anche a Milano e a Torino. E mentre il piombo e il tritolo spezzavano vite “giù”, “sopra” si guardava la tv e si […]