Press "Enter" to skip to content

Ragusani nel fondo. Martina ci racconta il premio

Per qualcuno, è solo un contenitore di quello che a Southpark chiamano Smug. Ogni anno, in estate, la città di Ragusa vive l’emozione di un premio chiamato “Ragusani nel mondo”. Ora, questo premio punta sulla Ragusanità, sull’importanza di Ragusa e dei suoi cittadini, che spesso realizzano cose che in patria non è possibile portare avanti. E’ un’occasione per sentirsi orgogliosi delle proprie origini iblee, per qualcuno. E’ una buona occasione per mostrare il peggio della retorica provinciale, per altri. Su di essa si è abbattuto l’operato del giornalismo d’inchiesta ibleo, che ha sollevato alcuni dubbi sulla manifestazione. Dubbi, però, che meritano una trattazione a parte.
L’altra faccia della medaglia, quella che l’informazione ufficiale trascura, quella di coloro che rimangono, nonostante l’emorragia emigratoria, la racconta un premio che fa un po’ il verso al primo. Si chiama “Ragusani nel fondo” e quest’anno si è tenuto il 7 settembre. Abbiamo sentito una delle organizzatrici, Martina Chessari.

 

Come è nato “Ragusani nel fondo”?
La manifestazione è nata nel 2009 da un gruppo spontaneo di cittadini che ha ritenuto importante e quasi “doveroso” fare emergere le problematiche del nostro territorio non attenzionate dalle istituzioni. Si è pensato così di raccontare attraverso un premio le storie individuali o collettive di chi “vive nel fondo” e sopravvive dignitosamente nel più totale disinteresse delle amministrazioni. Storie di lavoratori precari, di disoccupati o lavoratori che non percepiscono lo stipendio, commercianti in crisi (soprattutto quelli del centro storico in seguito ai centri commerciali), immigrati che faticano ad integrarsi in città, storie di sconosciuti che la dicono lunga sulle contraddizioni di questo territorio.

 

I vincitori di quest’anno sono gruppi o persone prive di visibilità ufficiale. Perché non gli si puntano i riflettori addosso?
Cerchiamo di farlo durante la manifestazione e attraverso i giornali che ci hanno sempre dato ampio spazio (chi più, chi meno, si sa…): noi facciamo emergere delle problematiche, apriamo dibattiti, proponiamo soluzioni, ma evidentemente c’è chi non vuole ascoltare e, siccome siamo una manifestazione scomoda, è semplice fare finta di niente e aspettare che come ogni anno passi.

 

Quali sono le storie dei premiati di quest’anno?
La manifestazione è stata aperta con un video sul MUOS di Niscemi, a cui è seguito un intenso dibattito col pubblico, concorde sul fatto che tale sistema ultrasatellitare, oltre a essere un chiaro sistema di controllo militare americano, rappresenta una macchina mostruosa che causerà danni irreversibili per la nostra salute.
Il primo premiato della serata è stato consegnato a Pippo Di Pace
, ultimo lavoratore rimasto all’interno delle ferrovie che, in sostanza, sono state totalmente soppresse, aggravando così la già problematica questione della viabilità nel nostro territorio.
Secondo premio è andato a Roberto La Terra, ex operaio della Metra, costretto al
pre-pensionamento perché a rischio amianto.
Terzo Premio è andato ai componenti dell’ex collettivo La Fabbrica che due anni fa hanno occupato l’ex Hotel San Giovanni nel tentativo di dare alla città uno spazio sociale dove poter fare liberamente politica, arte e cultura dal basso e in seguito, sgomberati dallo stabile che tutt’oggi rimane abbandonato a se stesso.
È stato inoltre proiettato “L’ora di Spampinato”, una produzione dal basso che racconta la tragica vicenda del giornalista ragusano, visto anche che quest’anno decorre il quarantennale dalla sua morte.
La serata è stata presentata da Mara Gelmini. Si sono esibiti i gruppi musicali “Nicoletta Fiorina Trio” e “Stefano Meli”.

 

Perché il premio consiste in un “Uovo della pace”, che significato ha?
Sin dalla prima edizione abbiamo pensato a un premio come le uova del commercio equo e solidale, perché simbolo di “rinascita”, cosa che noi ci auguriamo per questa città.

 

Con che fondi si realizza “Ragusani nel fondo”?
La manifestazione è totalmente auto-finanziata e si realizza grazie al piccolo contributo di tutti, organizzatori e simpatizzanti; basta pensare agli artisti che ogni anno si esibiscono a costo zero.

Quali sono le prospettive per questa città?
L’augurio che mi faccio è che siano i Ragusani stessi, dal basso, a riprendersi questa città e a renderla vivibile e vivace culturalmente, politicamente e socialmente.
Se saranno invece sempre i soliti noti a decidere dall’alto, le prospettive sono quelle di una città destinata a diventare un dormitorio e da dove soprattutto i giovani continueranno ad andare via.

 

Intervista di Giulio Pitroso

 

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *