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I 57 giorni e le macerie dello Stato

57 giorni di un ventennio fa

 

20 anni. Tanto è passato da quei 57 giorni di puro sgomento e follia che hanno spezzato le vite dei giudici Falcone e Borsellino. Quel 1992 fu l’apoteosi dei misteri di marca italiana, delle rovine della democrazia. I rapporti fra Stato e Mafia, dopo ancora un ventennio rimasti totalmente oscuri, ne sono l’emblema. Un’agenda rossa spariva nel nulla in Via d’Amelio. Sempre la solita vecchia storia di un classico depistaggio, di un acclarato insabbiamento.

 

L’Italia (mal)celata

 

Portella della Ginestra e Salvatore Giuliano, fra malavita e brigantaggio. Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la Stazione di Bologna e tutte le altre mete di pellegrinaggio di un terrore di Stato. Gli omicidi perpetrati impunemente dalle cosche col beneplacito o l’acquiescenza del governo centrale. Le reti vergognose di corruttela fra nazione e criminalità organizzata, fra Massoneria e Chiesa Cattolica, all’insegna dei marchingegni capitalisti più beceri. Il Vaticano, in fondo, è un buco senza fondo di indagini mai concluse. Queste le stazioni di una dolorosa via crucis tutta laica e tutta italiana.

 

Il germoglio della fiducia

 

Ci rimangono solo la dignità e l’orgoglio della lotta. Questi exempla concreti devono servire a scardinare la mentalità ottusa e stordita che pervade le nostre comunità. Questi giudici, martiri della lotta alla Mafia, coltiveranno per sempre il seme della speranza. Lo Stato è colpevole, ma i cittadini non dovranno mai più essere complici di questo vituperevole misfatto.

 

 

Simone Bellitto

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