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Partanna, Mafia in politica

Quando la parola si spoglia della banale retorica, nel tentativo di decifrare la quotidianità dei territori, porta con sé il rischio di insinuarsi tra le ferite più antiche, quelle che mai si rimarginano totalmente in seno a una comunità. Partanna (Tp), prima sera di giugno, una cinquantina di persone popola un angolo dell’ex piazza Garibaldi, oggi simbolicamente intitolata a Falcone e Borsellino, quasi a segnare lo scorrere del tempo che passa e che pure, nella coscienza di molta gente, da queste parti sembra essersi congelato. Già, il tema dell’incontro serbava la potenzialità di infastidire la Partanna “perbene”, un po’ troppo ottimista immaginarla assistere a un dibattito su “Mafia in politica”. Ma l’eco di certi messaggi ha il vizio di propagarsi ugualmente.

A rompere gli indugi, la segretaria di Rifondazione che, in occasione del ventennale dell’uccisione dei due giudici, ha organizzato l’insolito appuntamento. Carmelina Atria, con una premessa sull’importanza di trasmettere i valori autentici, ha auspicato una politica fatta di uomini liberi, onesti, che non si svenda al migliore offerente, conferendo di fatto alla mafia il potere che ne decreta l’esistenza. Introduzione supportata da Antonella Nastasi, lanciatasi in un breve excursus storico del fenomeno mafioso: “La mafia nei secoli si è nutrita della nostra acquiescenza, fino a istituzionalizzarsi“.
“Siamo di fronte a un territorio che delega, che non prende posizione, facile parlare di legalità senza citare corruzione e mafia” ha dichiarato Maria Teresa Nardozza, referente di Libera Castelvetrano, a proposito di un’area che, a suo parere, è già stata ampiamente depredata da una mafia in piena espansione verso nuove e più appetibili zone d’interesse. Per il dirigente del Commissariato di Castelvetrano, Giuseppe Morreale, un cambiamento è avvenuto nel parlare apertamente di mafia e antimafia, ma tanto bisogna ancora fare a livello operativo: “Ricordiamoci che l’antimafia non compete solo al cosiddetto braccio armato – ha affermato, confidando in una rivoluzione culturale e nel tanto agognato sviluppo economico – Laddove la politica non crea le condizioni per lo sviluppo, la povertà moltiplica i centri parastatali

Peppino Impastato

o statali, alimentando la percezione che i diritti equivalgano a dei favori”. Sollecitare l’indignazione di fronte alle storture del sistema è la “missione” del giornalista Rino Giacalone: “Troppe le faccende irrisolte. In questi vent’anni la guerra poteva esser vinta – ha commentato, ricordando amaramente i tragici fatti di quel 1992, che a Trapani non registrarono l’analoga, forte e immediata, presa di posizione del resto d’Italia – Dalla politica al semplice cittadino siamo tornati dietro la scrivania, alle nostre sedie. E intanto la mafia ha dimostrato la sua capacità innovatrice, facendosi interlocutrice primaria del cittadino”. Circa il panorama odierno: “Oggi le mafie dell’informazione condizionano le notizie, le sentenze non vengono spiegate con dovizia di particolari. Dire che la mafia è “sommersa” è  un’espressione di comodo. Bisogna dire basta, piuttosto, all’antimafia da palcoscenico, parlare degli assassini ma non solo, altrimenti è una cronaca incompleta”.

Incisivo l’intervento di Nadia Furnari, dell’Associazione Rita AtriaRita è figlia di questo paese – ha tuonato – dobbiamo lottare ogni giorno con la nostra coerenza, se vogliamo riscrivere la storia della Sicilia. E più che di lezioni di legalità, parlare di lezioni di giustizia perché non sempre quel che è legale è giusto. Dobbiamo poter scegliere chi riteniamo etico, altrimenti nessuno di noi ha il diritto di sentirsi assolto”. Diretto e pungente, Pino Maniaci, direttore di Telejato, che ha toccato il punto nevralgico: “La politica dovrebbe darsi una propria dignità, fare un passo indietro. Nella terra dei paradossi, di Sciascia e di Pirandello, del cambiare tutto per non cambiare niente, il cordone ombelicale più saldo è il legame della criminalità organizzata con la politica, pronta a soccorrere i mafiosi in difficoltà” ha detto, esprimendo, poi, il proprio parere su un’Italia alla deriva: “Dove sono le piazze? Non si manifesta più il dissenso. In questo Paese l’anormalità è diventata normale” commentando come “giornalisticamente assurdo” il dover attendere la fine dei processi per poter parlare di collusione tra mafia e politica: “L’unica mia coerenza? Quella con l’articolo 21”. Salvo Vitale, amico di Peppino Impastato, ne ha ricordato l’impegno per cambiare un sistema marcatamente mafioso, lo stesso che oggi sta determinando la morte delle attività produttive. Vitale ha richiamato le due figure di Rita Atria e Peppino Impastato, accomunate da una storia di affrancamento rispetto a una provenienza mafiosa: entrambi scelsero di fare un passo avanti, entrambi furono vittime della condanna più aberrante, l’isolamento da parte della società civile.

 

 

Valentina Barresi

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