Siamo a una svolta? È la classica domanda che sorge spontanea a ogni rush di nuove elezioni. Poco importa che siano amministrative (come nel nostro caso) o nazionali. Le elezioni, in ogni caso, nel bene o nel male, pesano sempre come un macigno. La suddetta svolta sembrerebbe suggerita platealmente dai clamorosi dati nelle principali città delle elezioni di appena due giorni fa, 06 maggio 2012. Dato clamoroso è senz’altro la fragorosa debacle, il sonoro tonfo per quello che fino a pochi mesi fa era il (nefasto) primo partito di maggioranza: il Popolo della Libertà. Nessun candidato pidiellino andrà al ballottaggio nelle quattro città più importanti (Genova, Parma, Verona e Palermo) di questa tornata elettorale. Persino le liste elettorali di questo partito in queste città (e non solo) hanno subito un tracollo definitivo. Si è scesi da una media del 25 % alle ultime consultazioni fino approssimativamente ad una media del 5 % di quelle attuali. Un risultato striminzito che per il delfino berlusconiano Alfano rappresenta una sorta di Caporetto. Sintomo inequivocabile è a Palermo, dove il candidato PDL/UDC, Vincenzo Costa, è addirittura fuori dal ballottaggio al secondo turno! Va un po’ meglio al Partito Democratico, che nonostante i risultati poco lusinghieri limita i danni. I moderati del PD meno L, come li ha definiti Beppe Grillo, nonostante buoni risultati a livello generale di lista elettorale, perdono gli scontri diretti a Genova, Verona e Palermo. Andrea Doria, candidato autonomo del Centro-Sinistra, che alle primarie aveva stracciato gli avversari democratici, giunge al primo posto per il ballottaggio, dove si scontrerà con Mario Musso, rappresentante di una lista civica appoggiata dall’Unione di Centro e si conferma imbattibile anche a questo primo turno. Leoluca Orlando, dell’Italia dei Valori, segue le orme di De Magistris a Napoli. Una vittoria di sinistra a Palermo, nella Sicilia del tristemente famoso 61-0, in opposizione con merito e a ragione al PD siciliano, da un po’ di tempo legato “inspiegabilmente” al Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo. A Verona purtroppo il PD avrebbe rappresentato il male minore. Con la lista Civica per Verona – Tosi Sindaco, il primo cittadino leghista, già sindaco uscente, Flavio Tosi è riconfermato nella sua veste già al primo turno. Una vittoria di Pirro, però. La Lega Nord esce con le ossa rotte almeno quanto il PDL: gli scandali Belsito e Bossi Family hanno fortunatamente affossato una lega oramai in piena confusione. Proprio Tosi è uno dei “dissidenti” della linea bossiana. Il vero vincitore è dunque il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. A Parma, dove è in testa Vincenzo Bernazzoli del Centro-Sinistra (appoggiato dal PD), il candidato “grillino” Federico Pizzarotti andrà straordinariamente a giocarsela al ballottaggio. A Genova Paolo Putti si è piazzato al terzo posto, ad una manciata di voti da Mario Musso. Per non parlare delle cariche di sindaco che il M5S ha ottenuto in alcuni comuni, grandi e piccoli. Una vera e propria rivelazione, nonostante le recenti controversie sulle dichiarazioni improbe di Grillo sulla mafia. Una dimostrazione che il M5S sta vedendo pienamente la luce e prendendo vita in modo autonomo a prescindere da Grillo, che ne è semplicemente una sorta di guru. I programmi dei “grillini” possono essere condivisi oppure no, ma rimangono comunque una piacevole novità. L’analisi approfondita che abbiamo appena riportato sui risultati nelle città topiche ci porta ad un’attenta riflessione. Ad essere penalizzati sono stati i partiti che hanno dato manforte al “governo delle banche” di Mario Monti. Sintomo che sulle larghe intese suggerite dall’Unione Europea si affacciano sempre più ombre e meno luci. Magari il cittadino comune, nella migliore delle ipotesi, si è scocciato degli attacchi frontali dei lobbisti appartenenti ai grandi poteri che, non ci stancheremo mai di dirlo, rappresentano solo l’uno per cento mondiale. In questa direzione sembrerebbero spirare anche i venti provenienti dalle elezioni presidenziali francesi e parlamentari greche: in Francia la vittoria del socialista Francois Hollande sul napoleonico Nicholas Sarkozy, in Grecia la caduta verticale dei partiti di maggioranza, destra conservatrice di Neo Democratia e dei socialisti del PASOK. Sono comunque segnali contraddittori. Ci fanno piacere i buoni risultati al primo turno francese del comunista Jean-Luc Mélenchon, la netta affermazione della Sinistra Radicale e il 9% del KKE, Partito Comunista, in Grecia. Ma ci fanno terribilmente paura il successo del partito nazionalista di Marine Le Pen e l’inquietantissimo 7% conquistato dal partito neo-nazista Alba Dorata, per la prima volta entrato nel parlamento greco. Dunque è stato un incandescente weekend di voto quello cui abbiamo appena assistito. Il ritratto che ne viene fuori è composito, un amalgama di cui ancora non si riesce a comprendere precisamente l’oscillazione. Ci chiedevamo all’inizio: siamo ad una svolta? Probabilmente si. Le prossime settimane ed il post-ballottagio, che sanciranno l’ufficialità delle X contrassegnate sulle schede di voto, ci schiariranno un po’ le idee sul tipo di cambiamento cui andiamo incontro.
Simone Bellitto
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