Press "Enter" to skip to content

A Niscemi tra militari, onde e marce

In pochi, pochissimi, salvo gli esperti del settore, fino a qualche anno fa, erano in grado di legare un piccolo centro agricolo della provincia di Caltanissetta alla potenza militare per eccellenza, quella statunitense.
E, invece, Niscemi, da almeno vent’anni, costituisce un perno essenziale nello scacchiare organizzativo delle divise a stelle e strisce: da lì, infatti, transitano informazioni cruciali in grado di dirigere le mosse belliche della superpotenza.
Erano  ancora i tempi del primo attacco all’Iraq guidato da Saddam Hussein, quando a Niscemi venne installata una postazione di telecomunicazioni composta da 41 antenne, in grado di coprire uno specchio che va dalle onde ad ultra e altissima frequenza a quelle a bassa o bassissima frequenza.
Ma non bastava, l’espansione militare statunitense e l’esigenza di rafforzare la guerra globale al terrorismo hanno condotto, nel 2006, ad una scelta cruciale: implementare il sistema di comunicazioni attraverso la realizzazione di un progetto ancor più ambizioso.
Si chiama, in codice tecnico, Mobile User Objective System, ma a Niscemi, e non solo, è conosciuto solo come Muos: un mega impianto, composto da tre antenne circolari da oltre 18 metri e due torri radio che sfiorano la soglia dei 150 metri d’altezza, che verrà collocato all’interno della base di contrada Ulmo, tra gli alberi secolari della riserva orientata Sughereta.
Un impianto, fortemente voluto dai vertici della marina militare Usa, che promette di implementare e rafforzare quello già presente.
“Ma, qualcuno – si chiede un cittadino di Niscemi – ci ha mai, veramente, parlato degli effetti prodotti da queste antenne?”.
Una domanda che, assumendo una linea di pura e semplice burocrazia, si potrebbe anche definire assolutamente pertinente.
Gli effetti, quindi.
Il Muos non è il male assoluto: per il solo motivo che, in oltre vent’anni di esposizione alle onde elettromagnetiche generate dalle 41 antenne della base, i danni, per molti versi, si sono già prodotti.
Onde che interferiscono, spesso, anche con le apparecchiature delle abitazioni vicine alla base, distante solo 8 chilometri dal centro cittadino.
Onde che incidono, però, anche sulla salute dei residenti.
Solo negli ultimi anni, sono stati prodotti studi più approfonditi sugli effetti dell’esposizione alle onde elettromagnetiche, già irradiate dalla stazione militare Usa.
Secondo dati, risalenti al 2010, e raccolti dai tecnici dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente, in alcune zone prossime alle 41 antenne si supererebbe, in diverse giornate, anche il valore di 6 Volt metro di emissioni: quando il limite massimo, fissato da un decreto del 1998 e da un successivo provvedimento del 2003, non dovrebbe mai oltrepassare questo confine.
Tutto ciò, mentre la stazione Muos non è ancora in funzionamento ma attende di essere realizzata.
Sì, perché anche il Tar di Palermo, qualche settimana fa, ha decretato che l’iter autorizzativo per la costruzione del Muos non può dirsi contrario alle regole imposte dalla burocrazia regionale e nazionale: quindi, i lavori possono proseguire.
“Il ricorso – si legge nell’ordinanza emessa dai giudici amministrativi – si appalesa inammissibile, in quanto avente ad oggetto l’esecuzione del progetto positivamente valutato nella conferenza di servizi del 9 settembre 2008 anche con il nulla osta favorevole del Comune ricorrente, la cui possibilità di revoca appare dubbia”.
In effetti, proprio nel corso di una conferenza di servizi, convocata dall’assessorato regionale al territorio e ambiente e risalente al settembre di tre anni fa, due tecnici del comune di Niscemi diedero parere favorevole alla compatibilità ambientale del Muos.
Ma, da allora, nessuno studio completo è stato mai prodotto dai funzionari militari statunitensi allo scopo di eliminare qualsiasi dubbio sull’incidenza del sistema.
Il Muos opera, sul piano strettamente tecnico, alla stregua degli impianti per le comunicazioni telefoniche cellulari.
Scrivono gli esperti della Commissione Internazionale per la sicurezza elettromagnetica, “evidenze  sperimentali  epidemiologiche,  in  vivo  e  in  vitro,  dimostrano  che l’esposizione  a  specifici  campi elettromagnetici  a  bassa  frequenza  (ELF)  può aumentare  il  rischio  di  cancro  nei  bambini  ed  indurre  altri problemi  di  salute  sia  nei  bambini  che  negli  adulti.  Inoltre,  è  stata  accumulata  evidenza  epidemiologica  che indica un aumentato rischio di tumori al cervello per uso prolungato di telefoni mobili”.
Nello studio d’incidenza ambientale prodotto dai tecnici statunitensi nessun riferimento viene esplicitamente inserito circa le conseguenze che l’esposizione alle onde elettromagnetiche potrebbe generare.
Anzi, gli stessi esperti militari Usa scrivono che “le apparecchiature  elettroniche mediche,  come  ad  esempio  pacemaker  cardiaci,  defibrillatori,  apparecchi acustici,  sedie  a  rotelle  e  attrezzature  ospedaliere,  possono  anch’esse  essere  vulnerabili  alle  Interferenze Elettromagnetiche  (EMI). Ad ogni modo,  non sono stati stabiliti standard  di vulnerabilità  EMI  per  le apparecchiature mediche. Pertanto, in quest’analisi non si è data particolare considerazione ad  esse. Se un ospedale  è  situato  vicino  ad  un  trasmettitore  di  elevata  potenza,  o  in  caso  di  personale  cui  siano  stati impiantati  dispositivi  elettromedicali  quali  pacemaker  e  defibrillatori  o  che  utilizzi  dispositivi elettromedicali esterni come ad esempio apparecchi acustici, e che sia esposto a campi di alta intensità elettromagnetica, si possono verificare fenomeni EMI”.
Non è un caso, infatti, che il sistema Muos, almeno negli originari piani statunitensi, avrebbe dovuto avere un’altra casa: la base militare di Sigonella, ad almeno 80 chilometri di distanza da Niscemi.
Ma gli esperti di due società di consulenza, tra le righe di un rapporto commissionato proprio dai militari Usa, sconsigliarono la realizzazione del sistema all’interno della base catanese perché le onde elettromagnetiche emanate dalle antenne avrebbero potuto interferire con gli armamenti presenti nei depositi: con il rischio di gravi detonazioni.
Un progetto, quello voluto dai militari americani, che, stando a stime assai attendibili, costerà, a conclusione di tutte le operazioni, oltre 6 miliardi di dollari.
A tutto questo, si stanno opponendo, da alcuni anni, gli aderenti al movimento No Muos che, mentre si continua a costruire tra i boschi della loro città, hanno scelto: non vogliono né le onde elettromagnetiche né i militari.

Di Rosario Cauchi

 

One Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *