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Una Ragusa inquinata- Reportage da Contrada Scifazzo

Le strade che percorriamo solitamente hanno sempre un ché di industriale, dei segni tangibili della mano umana. Sono d’asfalto, asfalto nero, la stessa materia che un tempo ha arricchito Ragusa. Se Ragusa è divenuta un importante centro industriale del Mezzogiorno, lo deve principalmente al petrolio e al bitume, almeno dal punto di vista delle risorse.
Però le strade che abbiamo percorso non sono state segnate in maniera forte dall’Uomo. E’ la prima decade di settembre a Scifazzo, una contrada attaccata alla frazione Cimillà, a Ragusa: questo è un tessuto ancora scarsamente contaminato dalle colate di cemento che hanno sconvolto il territorio ibleo; qui un’altra delle ricchezze di queste terre, i bovini, pascola e cresce. Certo, venendo da queste parti, non si potrà non notare la torre- luminosa di notte come la Eiffel di Parigi- del pozzo petrolifero di Puntarazzi. Ma per il resto, non ci sono grandi tracce della civiltà moderna; più che altro è una zona interna, che sembra essersi fermata a una trentina d’anni fa.
Proprio da quelle parti, avevamo documentato tempo addietro alcune discariche, vicine, però, più alla SP 60 che alla Marina-Ragusa. Avevamo trovato persino un cane morto, per non parlare degli amianti, in quantità: ora sembrano essere diminuiti di molto, anche se restano le solite mini-discariche di materiale vario. Lo avevamo denunciato in una conferenza stampa, tracciando una mappa delle discariche abusive di Ragusa: conoscevamo la situazione. Quello che non potevamo sapere era che un’altra bella montagnola di apparecchi RAR, amianti e plastiche stava proprio non molto lontano da lì, all’interno di Scifazzo.
La bella discarica è là, in fondo a una strada tracciata dai trattori e vecchi ruderi automobilistici, in un’area abitata quasi esclusivamente da massari.C’è parecchia strada da fare per arrivarci, cosa che ci fa pensare a un’organizzazione di smaltimento non ortodosso di rifiuti: qualche uomo di città avrà sicuramente il vezzo di portare tutta questa bella roba proprio a Scifazzo, magari per conto e per interesse di gruppi di persone, perché tanto di qua non ci passa quasi nessuno. Certo, può anche darsi che gli abitanti della contrada siano degli incivili, come anche che ignorino completamente cosa prescriva la legge sullo smaltimento dell’amianto. Ma ignoratio legis non excusat: lo dovrebbero sapere e basta. Insomma, le ragioni dell’inquinamento dello Scifazzo non sono chiare, ma si potrebbe pattugliare meglio il territorio. Certo è, invece, che le tegole d’amianto sono spezzate, quindi hanno rilasciato rilasciano fibre nell’aria; ne basta una sola per prendere un bel tumore ai polmoni. Una fibra inalata e, via, si è sulla strada maestra per l’altro mondo. Noi ci teniamo a qualche metro di distanza, in un inutile atteggiamento di difesa, quasi ci possa salvare; per fortuna non tira vento.
Le campagne intorno sono bellissime. Mentre torniamo alla città, pensiamo a tutti i tumori in stato d’incubazione che esploderanno nel ragusano, dove ancora la soglia di quello ai polmoni è bassa. E mentre lo pensiamo, vediamo lontano la torre di una chiesa in costruzione, una chiesa della città che avanza, un pezzo del cemento che ha ingrossato la contrada di Cisternazzi, sempre sulla SP60. Accanto alla torre della chiesa, l’ospedale nuovo, quello su cui lavorano da circa dieci anni. Viene da rabbrividire al solo pensiero: gran parte delle discariche che avevamo segnato l’anno scorso sono tutt’attorno. Salute. Neanche finiamo di fissare quei punti bianchi all’orizzonte, che ci si paventa un altra montagnola di scarti edili e amianto. Come a dire, oltre il danno anche la beffa.

di Giulio Pitroso

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