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L’urbano a Catania

Di Attilio Occhipinti

Tra i numerosi problemi comuni  alle altre grandi città di cui anche Catania è afflitta, quello dei celebri ritardi degli autobus urbani sembra dare, più di ogni altro, particolare motivo di preoccupazione  agli studenti.

L’urbano che parte in orario è infatti fenomeno impossibile da osservare, l’urbano che arriva alla fermata in orario sembra una battuta di dubbio gusto; arrivare in tempo da qualche parte è pura fantasia. Se volete illudetevi pure, ma ve lo assicuro: non arriverete mai in orario dove volete andare. Mai!

A questo punto sarebbe cosa buona e giusta indagare le cause di tale disagio, capire cosa c’è all’origine del problema del trasporto pubblico catanese e, magari, proporre una o due soluzioni al fine di curare questo tumore, ma vi assicuro che questo compito, questo tentativo di analisi e soluzione, per quanto possa sembrare semplice, se non addirittura scontato, mostra a mio avviso dei lati che oserei definire “esoterici”. Perché non è che il traffico sia l’unica causa. Ci devono essereautobus catania sicuramente cose che noi umani non possiamo sapere. E’ come se ci fosse dietro una qualche “forza oscura”. Una sorta di maledizione che coinvolge da anni i veicoli usati per il trasporto, dei rottami in pratica che, detto schiettamente, saltano, per usare un timido eufemismo, ad ogni buca seminata lungo le strade di Catania: zero sospensioni in pratica. Eppure non mi sembra siano gratis le corse, dato che un biglietto costa 1 €. I soldi guadagnati, in via teorica, dovrebbero essere reinvestiti per garantire dei servizi decenti. Se non erro dovrebbe funzionare così. Dovrebbe, ovviamente.

Ma i problemi sono soprattutto legati a chi sale sugli autobus e non parlo certo dei civili. Gli autisti si presentano sempre in ritardo e difficilmente si esprimono con cortesia, i controllori sembrano vittime di non so quale complesso annesso alla volontà di potenza e alla voglia di spadroneggiare tra i poveri e spaventati (mica tanto) passeggeri. Una scena tipica ad esempio:

 

CONTROLLORE: “Lei non ha il biglietto!”

PASSEGGERO: “Sì, è qui…sono salito ora e lo stavo timbrando.”

CONTROLLORE: “Non è vero!! Mi dia le sue generalità…subito!”

PASSEGGERO: “Ma guardi, davvero sono salito adesso. L’hanno visto tutti!”

CONTROLLORE: “E allora perché non ha timbrato il biglietto??”

PASSEGGERO: “E’ quello che stavo cercando di fare…ma lei mi ha fermato proprio mentre lo stavo   timbrando…”

CONTROLLORE: “Lo sa che la multa è pari a circa sessanta volte il costo del biglietto??”

 

Insomma scene di ordinaria amministrazione a Catania. Ah, queste uniformi…il potere dà alla testa!

Senza dubbio sono molto significative le scene a cui si può assistere stando seduti alla fermata, aspettando che l’autobus arrivi. Il malcapitato turista attende qualche minuto, si accorge che il mezzo è in perfetto ritardo e giustamente chiede come e perché una cosa simile possa accadere al cittadino catanese che, invece, essendo da tempo abituato a quanto accade, risponde con noncuranza: “ Qua funziona così”. Chiaro, lapidario, conciso, triste (per il turista naturalmente).

E gli studenti?  Per loro il discorso non cambia, figuriamoci. I disagi sono gli stessi del cittadino e del turista, con l’aggravante che certi posti importanti per lo studente come ad esempio la facoltà per dirne una, nella quale si deve dirigere ogni mattina per le lezioni, non è neanche raggiungibile con l’autobus. Basti pensare alla facoltà di Lettere e Filosofia. Paradossale? Penso di sì.

I motivi  sinceramente li sconosco. Attendo a tal proposito delucidazioni da parte di chiunque sappia più di me. Forse gli autisti potranno aiutarmi, ma sui controllori ho qualche dubbio, non vorrei mi multassero per “tentata arroganza”.

Capite adesso perché ho parlato di forze oscure?! Ci deve essere qualcosa che sfugge alla comune razionalità, qualcosa di incomprensibile, un alone di mistero che aleggia sopra le nostre teste mentre attendiamo da circa venti minuti un autobus, uno qualunque o mentre seduti sull’autobus lo vediamo perdere pezzi e  infossarsi quasi dentro le buche.

Il mistero si infittisce se pensiamo che i soldi che paghiamo per comprare i biglietti, aggiungendo anche il ricavato dalle multe (e non è poco), dovrebbero sostenere un servizio adeguato. Non saprei, forse sbaglio io da studente che frequenta Catania a valutare certe cose, però il dubbio c’è: in altre città funziona così?

 

L’urbano a Catania (parte 2)

Di Marta Cafiso

 

Trovarsi a stretto contatto con un nuovo e originale contesto cittadino è, a parer mio, un’esperienza unica, personale, irripetibile. A distanza di tempo è chiaro che l’emozione, anche la più forte, vanifica, si fa più blanda; la stessa grande emozione vissuta dalla sottoscritta davanti all’opportunità di vedere ed usufruire non solo di mezzi pubblici (citandoli così, in generale), bensì di tram, al mio arrivo a Padova. Ancora nitido nella mia mente il ricordo del loro colore sgargiante, metallico, blu come quel mare che, con le proprie tonalità, non può competere con le gradazioni tremolanti del cielo afoso d’agosto. La loro snella e tanto labile figura tra i miei gherigli porta con sé la memoria della loro efficienza, velocità, ancora efficienza..

Montar su, coscienti di aver risparmiato sull’acquisto del biglietto (il cui prezzo, corrispondente a 1.20 euro valido per 75 minuti spendibili su bus e tram, risulta maggiorato se staccato a bordo); andare sereni sapendo che esistono tariffe differenti ed adeguate alle esigenze di ciascuno, in particolare degli studenti. Magari adesso sarò un po’ di parte ma non mi dispiace affatto che un impiego fatto di schemi e libri, sia ripagato con un abbonamento mensile da 22 euro. Poter girare liberi e con la sicurezza di poter giungere alle porte del centro storico (pedonale) partendo tanto dalle zone limitrofi, quanto dalla periferia, grazie alle fermate plurime che i mezzi fanno e agli orari che questi puntualmente rispettano.

Vi riporto un esempio, sviscerando le tappe della mia personale e straordinaria esperienza: l’attesa del tram per la stazione.

 

Step 1. Chiedo informazioni a chi come me attende e, dallo sguardo, pare essere un habitué del servizio

Step 2. Ricevo una risposta secca ma esaustiva nella sua brevità, ossia: “Guardiamo la tabella oraria…eccolo, ore 15.56. 4 minuti ed è qui, arrivederci!”

Step 3. Dopo aver salutato calorosamente la ben disposta figura, non mi resta che attendere la magica combinazione di secondi e…salire!

In pochi minuti eccomi alla stazione, pronta a ripartire con la gioia di esser stata una dei passeggeri di quella piccola e sinuosa freccia blu smaltato.

 

Probabilmente questo lodare non solo la funzionalità di tali mezzi, ma anche la loro semplice presenza all’interno di una città in continua crescita (tenendo conto della sempre più numerosa popolazione studentesca che affluisce nella città), può ricondursi alla mia nuova condizione di matricola, alla percezione meravigliosa che ho di una città straniera, ancora sconosciuta eppure così logisticamente accogliente. Oppure, procedendo sempre per ipotesi, al fatto che la mia città, la mia terra, quella dalle cui viscere rinasco e muoio ogni giorno, ad ogni partenza e ad ogni arrivo, è sprovvista di un servizio così efficiente e, ancora, non sa come e con quali modalità poter rispondere alle nostre esigenze. Non potendo più ipotizzare sul dubbio o arrovellarmi su fatti celati, lascio correre anche quest’ultimo treno verso orizzonti differenti e lontani; e porta addosso il colore del mare o della sabbia più bianca. Lo stesso mare che, con le proprie tonalità, non può competere con le gradazioni tremolanti del cielo afoso d’agosto.

 

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